giovedì 4 novembre 2010

Tasse a misura di famiglia


Tasse a misura di famiglia

Lanciata una nuova proposta di riforma fiscale dal Forum delle associazioni familiari sostenuta anche dalla Cisl

«Parole, parole, parole». Non sono solo il testo di una celeberrima canzone di Mina, ma anche le chiacchiere che sempre sono state fatte su una riforma fiscale a misura di famiglia. Da parte di tutti: istituzioni, partiti e sindacati.
«La priorità della riforma è la famiglia», è tornato ieri a dichiarare il ministro Tremonti sul cantiere del fisco appena aperto. Staremo a vedere se dalle buone intenzioni si passerà ai fatti. Il recente rapporto sulla povertà ed esclusione sociale presentato da Caritas e Fondazione Zancan ha evidenziato come «la principale vittima della povertà e dell’impoverimento» siano proprio le famiglie che solo nel 45 per cento dei casi sono al riparo della crisi in corso. Tutte le altre, il 55 per cento su 11 milioni di famiglie in Italia, hanno difficoltà ad arrivare a fine mese, a onorare gli impegni presi e i debiti pregressi.

E, proprio nel giorno in cui si è aperto il tavolo di confronto tra governo e parti sociali sulla riforma fiscale, è stata lanciata dal Forum delle famiglie in unità d’intenti con la Cisl una nuova proposta di riforma del fisco denominata “Fattore famiglia”.
E mentre nel dibattito politico si sente spesso parlare di quoziente familiare, rifacendosi alle esperienze virtuose di Francia e Germania, di fatto tale prospettiva è stata già abbandonata dall’associazionismo cattolico per alcuni difetti congeniti quali il fatto di favorire i redditi più alti e scoraggiare il lavoro delle donne sposate. Il quoziente familiare è di per sé una proposta positiva perché per la prima volta considera la famiglia nel suo complesso come soggetto tassabile, supera l’individualismo che ha permeato anche il fisco facendo considerare solo l’individuo e non la persona con le sue relazioni, in primo luogo familiari.

Alla giusta obiezione che il quoziente familiare favorirebbe i redditi più alti, il Forum fa una nuova proposta prevedendo un’area non tassabile proporzionale ai carichi familiari: più persone sono presenti nel nucleo, maggiore sarà il reddito non sottoposto a tassazione. Si considera una No tax area partendo da un reddito medio di sette mila euro, la soglia di povertà per l’Istat, per una persona che vive da sola, fino a 42 mila euro di reddito per una famiglia con otto componenti. A differenza del quoziente familiare, il fattore famiglia agisce partendo dalla parte bassa del reddito e prevede aliquote impositive maggiori per redditi più alti. In tal modo si garantisce equità di vantaggio tra redditi bassi, medi e alti. Il peso dei figli viene adeguatamente riconosciuto e offre al federalismo fiscale una misura della ricchezza familiare che assicura parità di trattamento a livello nazionale e possibilità di intervento differenziato tra regioni e negli enti locali. Se si applicasse subito per tre figli a carico, costerebbe alle casse dello Stato 0,9 miliardi di euro. A regime, per tutti i figli, la cifra ammonta a 16 miliardi di euro. Si potrebbe cominciare dai più poveri e dalle famiglie con redditi più bassi. Il maggiore reddito netto disponibile avrebbe ripercussioni positive sui consumi, sul gettito Iva, creando un circolo virtuoso di cui godrebbe l’intera società ed anche le casse dello Stato. Una sorta di volano nella logica del «date e vi sarà dato». Si spera, ora, che con l’appoggio della Cisl alla proposta e ad uno schieramento bipartisan in Parlamento si riesca a raggiungere l’obiettivo di una riforma fiscale a misura di famiglia.

http://www.cittanuova.it/contenuto.php?idContenuto=28450&TipoContenuto=web

mercoledì 27 ottobre 2010


Il paese delle culle piene qui il welfare non è un sogno

Il numero medio di figli è 1,61 e supera anche quello dell'Unione europea. Dalle regioni ricche come il Trentino e l'Emilia riparte la natalità, con l'aiuto delle immigrate. Le aziende si modellano sulla presenza femminile con orari flessibili e più congedi

BOLZANO - C'è un pezzo d'Italia dove i bambini continuano a nascere. Dove le culle sono piene e non vuote. Dove il tasso di demografia supera la media europea, e dove "essere famiglia" più che un evento straordinario sembra essere diventato la normalità.

Siamo a Bolzano, Alto Adige, provincia autonoma e porta delle Dolomiti, risalendo il paese secondo le statistiche dell'Istat, in una regione in cui la crescita zero appare lontana, e il numero medio di figli per donna, 1,61, distanzia e non di poco la media nazionale ferma a 1,42, e quella della Ue, dove il tasso di fecondità è di 1,52 bimbi per ogni mamma. Bisogna venire qui per capire quest'Italia rovesciata, dove al Sud storicamente "ricco" di bambini e oggi con la demografia in caduta libera, si è sostituito quest'angolo di Nord Est, tra vigne, montagne e filari di mele, in cui le aziende provano ad essere family-friendly, a conciliare lavoro e famiglia, la crisi c'è ma si vede un po' meno e gli ospedali hanno il record positivo di parti naturali.

Da 0 a 3 anni i più piccoli possono contare su una rete capillare di asili nido, micro-nidi e tagesmutter (gli asili a domicilio), le famiglie ricevono sostegni statali, regionali e provinciali, muti agevolati e trasporti gratuiti, le aziende concedono part time, telelavoro. E così a Bolzano come a Trento, capitali italiane della demografia, i bambini continuano a nascere, "sostenuti da un welfare in affanno ma ancora forte", sottolinea Eugenio Bizzotto, del Dipartimento per la Famiglia della Provincia di Bolzano, anche se i bollettini dell'Astat, l'istituto locale di statistica, ricordano che qualche anno fa andava ancora meglio.

I tagli ci sono, anche qui. Ma all'asilo nido comunale "Il grillo parlante", struttura di legno e vetro circondata da prati e montagne alla periferia di Bolzano, nel tepore dell'ora della siesta, il mondo dei bambini sembra essere protetto da un filtro di serenità e cura. Il più piccolo ha 5 mesi, il più grande 3 anni, le stanze sono in penombra, i lettini tutti occupati, nel silenzio si sentono i loro respiri regolari. Intorno spazi ampi, colori, grandi oblò perché i muri non siano cesure dello sguardo, c'è l'angolo dell'arte, la stanza dove si sta a piedi nudi per scoprire la differenza tra le cose, come una montagna granulosa di farina di polenta o un sacco pieno di oggetti. Al piano di sopra c'è il luogo dei travestimenti, i bagni hanno le vasche per i giochi d'acqua, e un ascensore conduce alla palestra con il teatro.

«Qui usiamo soltanto pannolini di stoffa e cibi biologici - racconta Roberta Passoni, coordinatrice del nido - e possiamo ospitare fino a 42 bambini. Per realizzare l'asilo abbiamo a lungo lavorato con gli architetti, perché tutto potesse rispettare e stimolare la creatività dei più piccoli, ed essere un luogo accogliente anche per i genitori, che possono lasciare qui i figli fino alle 15,30 del pomeriggio, mentre altri nidi sono aperti fino alle 18. Del resto il nido deve permettere di conciliare famiglia e lavoro, e noi cerchiamo di rendere il distacco tra la casa e il "fuori" il più lieve possibile».

È dalle regioni ricche come il Trentino Alto Adige o l'Emilia Romagna che il tasso di natalità è ripartito in Italia, seppure con il congruo sostegno dell'immigrazione. "Sono soprattutto le donne con 35 anni e oltre - si legge nel bollettino dell'Astat sulla natalità in Alto Adige - e principalmente quelle di nazionalità italiana, ad aver fornito il maggior apporto al recupero della fecondità locale", con una percentuale dell'80% di nascite italiane, e il 20% dovuto alle donne immigrate. Conferma Alessandro Rosina, professore di Demografia alla Cattolica di Milano: «Gli esempi di welfare positivo lo dimostrano: più servizi e più occupazione femminile portano ad una maggiore natalità, creando quel famoso ambiente family-friendly che dà fiducia e ottimismo alle coppie e le spinge a fare anche più di un figlio. In Italia però le isole felici sono ancora pochissime».

E per trovare un esempio "virtuoso", certificato addirittura con il "Metodo Audit", sistema di valutazione tedesco che premia i luoghi di lavoro che applicano strategie di conciliazione, bisogna salire a Postal, sopra Bolzano, tra natura e silenzio. L'azienda è la Dr Schar, leader europeo nella produzione di alimenti senza glutine, torte, biscotti, pane, pasta, e arrivando è proprio l'odore del pane fresco che si sente per tutta la valle. Dentro invece è come entrare in un'astronave ad altissima tecnologia, dove ogni "pezzo" viene impastato e infornato secondo rigorosi criteri scientifici. Un'azienda giovane, in veloce espansione, 189 dipendenti di cui 91 donne.

«Proprio l'alta presenza femminile nella nostra azienda ci ha portato ad attuare misure come gli orari flessibili, il telelavoro, il part time, l'estensione di sei mesi dei congedi di maternità - dice Herbert Spechtenhauser, direttore delle risorse umane - e non avendo ancora un asilo aziendale paghiamo ad ogni lavoratrice il 30% del costo di una tagesmutter. Spesso anche i neo-padri usufruiscono del congedo di paternità, e tutto questo si è trasformato in un rapporto di alta fidelizzazione con i dipendenti e in un bassissimo ricorso alla malattia».

Mamme che lavorano e culle piene. Nel 2009 nella provincia di Bolzano sono nati 5.232 bambini, di cui 1700 nel reparto di Ginecologia e Ostetricia diretto dal professor Sergio Messini. «Abbiamo strutturato le sale parto come se fossero delle stanze di casa, il travaglio si può fare nell'acqua, sul soffitto tante luci ricordano un cielo stellato, mentre aromi, massaggi e musica rendono questa fase più lieve, meno dolorosa.

Le donne sono libere di scegliere la posizione che preferiscono per partorire, ognuna ha un'ostetrica tutta per sé, che la segue anche dopo, a casa - spiega Sergio Messini - ma siamo in grado di organizzare un cesareo in 5 minuti e abbiamo un reparto all'avanguardia per le patologie neonatali. E questo recupero della "naturalità" pur nella totale sicurezza medica, ci ha portati ad avere il minor numero di parti cesarei in Italia, circa il 20% contro il 35% della media nazionale. Avere figli del resto è un fatto normale, oggi invece è diventato un evento straordinario e raro…».
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/10/16/news/culle_bolzano-8109036/

mercoledì 13 ottobre 2010

FAMIGLIA: PD, BONUS DI 3.000 EURO L'ANNO PER 3 ANNI PER OGNI FIGLIO


FAMIGLIA: PD, BONUS DI 3.000 EURO L'ANNO PER 3 ANNI PER OGNI FIGLIO

(ASCA) - Roma, 9 ott - All'assemblea nazionale PD il documento sul fisco riserva un paragrafo specifico alle famiglie introducendo la novita' del ''bonus per i figli'' di 3000 euro l'anno per ogni figlio, da introdurre a partire dalla fascia 0-3 anni per estenderla gradualmente anche ai figli piu' grandi, ma si punta anche al potenziamento dei servizi di cura come sostegno alle famiglie e all'incentivazione dell'occupazione femminile.

''Nell'ambito della discussione abbiamo voluto soffermarci sulla nuova proposta avanzata solo pochi giorni fa dal Forum delle Associazioni familiari intitolata 'fattore famiglia' -ha spiegato Cecilia Carmassi, della segreteria del Pd, responsabile alle Politiche per la Famiglia- sulla quale esprimiamo un grande interesse e la soddisfazione per un contributo che abbandona il tema del quoziente familiare (che avevamo sempre criticato perche', per esempio, favorisce i redditi piu' alti e penalizza l'occupazione femminile), mentre avanza proposte innovative come il tema della 'no tax area' come riconoscimento del fatto che una parte del reddito deve essere dedicata a sostenere le necessita' primarie della persona e che queste necessita' crescono al crescere dei carichi familiari''.

''Registriamo -ha detto Tiziano Treu, presidente del Forum PD sulle Politiche per la Famiglia- significative convergenze tra le proposte del Forum delle Associazioni familiari e quelle elaborate dal PD, convergenze che renderanno piu' agevole e produttivo un confronto piu' approfondito che nelle prossime settimane svilupperemo per definire una piattaforma sulle politiche della famiglia ampia e condivisa''.

sabato 9 ottobre 2010

Vuoi risparmiare sulle tasse? Divorzia


Vuoi risparmiare sulle tasse? Divorzia

A una coppia di coniugi milanesi è stato consigliato di separarsi per salvare il bilancia familiaredi Carlo LottieriÈ nota la situazione di quelle vedove che, per mantenere il diritto alla pensione di reversibilità legata al marito defunto, decidono di sposarsi soltanto in chiesa: unendosi in matrimonio davanti a Dio, ma continuando una vita da single di fronte allo Stato, al fine di non perdere il vitalizio. Ora però ci si trova a fare i conti con un caso nuovo, dato che - come spiegava ieri «IlSole24 Ore» - a una coppia è stato consigliato di divorziare per migliorare il proprio bilancio.

La vicenda è la seguente. Una signora milanese di 64 anni che ha lavorato soltanto 15 anni e quindi ha diritto a una pensione minima, in realtà non riceve i 500 euro che le spetterebbe, ma solo 192 euro, dato che il marito ha un reddito superiore ai 17 mila euro annui. Per giunta, non è neppure considerata interamente a carico del coniuge dato che supera di un centinaio di euro la soglia minima dei 2.840 euro annui. Per tale ragione la coppia subisce uno svantaggio all'incirca di 800 euro in più di imposta, senza poter beneficiare della gratuità dei farmaci e neppure dell'opportunità di detrarre tali costi dalla dichiarazione. Il quadro generale ha tutti gli elementi di una trappola, poiché abbiamo persone che stanno peggio di quanto sarebbero state se avessero avuto entrate inferiori. Se i coniugi avessero guadagnato un po' meno, avrebbero ottenuto una serie di vantaggi che, a conti fatti, ne avrebbero migliorato la situazione. Sembra un'assurdità, eppure è l'esito prevedibile di quel processo di sovraproduzione legislativa destinato per sua natura a causare, presto o tardi, conseguenze non volute: e quasi sempre si tratta di conseguenze spiacevoli.

Stando alle cronache, la donna non lascerà il marito, anche se le costerà caro. Ma certo la vicenda deve aprire gli occhi su come la produzione continua di leggi finisca per avvitarsi su di sé.

Si pensi alla condizione di chi ottiene un minimo aumento di reddito che lo porta, però, a perdere il beneficio di taluni servizi sanitari gratuiti, a pagare una retta più alta per l'asilo del figlio, e via dicendo. Chi ha predisposto le singole regole ha operato con la convinzione di aiutare i più deboli, introducendo tariffe differenziate, ma non si è reso conto come tutto questo inneschi meccanismi perversi.

In questo welfare caotico che mescola norme di diversissima provenienza può accadere - come nel caso ricordato - che sia conveniente guadagnare meno. E lo sanno assai bene quegli artigiani che quando tracciano a inizio dicembre un bilancio di massima della loro attività si rendono conto come sia opportuno smettere di produrre: proprio per evitare penalizzazioni.

Dinanzi a ciò è giusto indignarsi, ma non ci può stupire, dato che il legislatore è un «pianificatore» determinato a organizzare la società secondo un proprio disegno, ma che dispone di una limitata conoscenza della realtà: né potrebbe essere diversamente. Per giunta ogni norma viene ad aggiungersi a un sistema normativo già esistente e di grande complessità, così che è difficile per chi lavora in Parlamento avere sotto controllo tutte le implicazioni delle scelte che vengono assunte. Alla fine ogni norma nuova interviene in un quadro farraginoso ed è approvata da soggetti inconsapevoli di come essa s'innesterà sull'ordine giuridico complessivo.

C'è solo una via di uscita: chiedere al Parlamento e ai mille altri attori della ragnatela di norme in cui viviamo di limitarsi. Se le catene del nostro tempo sono costruite con la carta di burocrati e legislatori, è bene chiedere loro di astenersi quanto più sia possibile.

Per giunta è opportuno che il sistema di welfare si semplifichi. Se proprio si vuole tenere in vita un sistema redistributivo, si usi una leva e solo quella. Si dia più soldi a chi non ha, ma poi non si introducano altri vantaggi quando si deve fare un abbonamento al tram, acquistare un farmaco e via dicendo.

Se non si farà così, ci si troverà di continuo a sorprendersi di fronte a coppie spinte a separarsi non perché sia finito un amore, ma perché l'ordine giuridico è impazzito. E ci fa impazzire sempre di più.

Da Il Giornale, 8 ottobre 2010

giovedì 7 ottobre 2010

Una famiglia su 3 non autosufficiente

Crisi: Ania, una famiglia su 3 non autosufficiente

ROMA (MF-DJ)--Una famiglia su tre si trova in difficolta' per sostenere i costi di malattie gravi e di condizioni di non autosufficienza o per la perdita di reddito del capofamiglia.

Questi i risultati di un'indagine realizzata dal Censis per il Forum Ania-consumatori. I cittadini chiedono un welfare piu' efficiente e protettivo, che puo' essere realizzato con un maggiore coinvolgimento del volontariato, delle regioni e delle imprese. Dal confronto che il Forum ha sviluppato su questo tema nasce la convinzione comune che il sistema attuale e' statico e non piu' adeguato a rispondere alle esigenze dei cittadini. La non autosufficienza e l'impossibilita' di pagare le spese mediche rappresentano la prima paura degli italiani, piu' sentita della criminalita' e della disoccupazione. A cio' si accompagna la richiesta di un welfare piu' protettivo, efficiente e responsabile, che dia risposte concrete a tutti i cittadini sui temi della sanita' e della previdenza. com/liv

http://www.borsaitaliana.it/borsa/notizie/mf-dow-jones/italia-dettaglio.html?newsId=781819&lang=it

mercoledì 29 settembre 2010

DISLESSIA: ORA RAGAZZI E FAMIGLIE SARANNO TUTELATI

DISLESSIA: AID, SODDISFAZIONE. ORA RAGAZZI E FAMIGLIE SARANNO TUTELATI

(ASCA) - Roma, 29 set - Dopo un lungo percorso legislativo e' stata approvata oggi dal Senato la legge che riconosce e definisce alcuni disturbi specifici di apprendimento (DSA) in ambito scolastico quali dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia. Una norma, quella approvata oggi in sede deliberante dalla 7a Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport) che riconosce l'esistenza di questi disturbi stimolando la scuola a individuarli precocemente e definendo i luoghi del percorso diagnostico. ''C'e' soddisfazione perche' l'approvazione di oggi giunge dopo un lungo iter normativo che attesta l'esistenza ed estende la tutela legale per i circa 350.000 ragazzi, pari al 5% della popolazione in eta' scolare, che sono affetti da questi disturbi'', ha affermato il presidente dell'AID (Associazione italiana dislessia), Rosabianca Leo.

La legge, per cui sara' previsto un finanziamento di 2 milioni di euro complessivi per gli anni 2010-2011, sancisce il diritto a usufruire dei provvedimenti compensativi e dispensativi lungo tutto il percorso scolastico compresa l'Universita' e assicura la preparazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici. Per le famiglie sara' inoltre garantita la possibilita' di usufruire di orari di lavoro flessibili. Inoltre, qualora non sia disponibile effettuare diagnosi presso le strutture del Ssn, la legge da' la possibilita' di effettuarle presso strutture accreditate.

''Sono soddisfatta, anche come genitore - prosegue Leo - perche' questa legge riconosce finalmente dopo tante battaglie l'esistenza della dislessia e di altri disturbi specifici di apprendimento stimolando la scuola a individuarli precocemente e definendo i luoghi del percorso diagnostico e didattico. Stiamo gia' lavorando con il ministero dell'Istruzione, di cui abbiamo apprezzato la volonta' di affrontare il problema, in merito alle linee guida sulla legge. Certo e' che siamo solo all'inizio di un percorso che dovra' essere avviato con le scuole, soprattutto sul tema della formazione dei dirigenti scolastici e le strutture del Servizio sanitario nazionale. Il testo e' certamente un salto di qualita' rispetto al passato ma va migliorato sia sotto l'aspetto della valutazione sulla sua effettiva applicazione sia per esempio con l'inserimento di sanzioni per chi non rispetta la normativa. Siamo consapevoli, come Associazione, che le cose non si cambiano in poco tempo ma l'approvazione di oggi ci conferisce piu' forza per migliorare il testo e per tutelare meglio i diritti delle persone con disturbi di dislessia. Infine, un ringraziamento va a tutti i senatori e i deputati che in questi anni si sono impegnati per far approvare la legge.

Desidero poi anche ringraziare la Fondazione Telecom Italia, partner della nostra Associazione, per la collaborazione che ci ha assicurato nel portare avanti importanti iniziative di formazione, informazione e supporto agli studenti anche in assenza di questa norma. Progetti sui quali Fondazione Telecom Italia investe 1,5 milioni di euro e che da domani potranno ulteriormente svilupparsi in tutto il Paese a sostegno dell'attivita' didattica istituzionale''.

sabato 25 settembre 2010

Se sta bene la famiglia cresce il paese.


Vi invio la prefazione Antonio Sciortino (Famiglia Cristiana)al nuovo libro di Francesco Belletti (presidente del Forum Nazionale delle associazioni famigliari) dal titolo Ripartire dalla Famiglie edizioni Paoline che trovate il libreria in questi giorni.

Da consigliare o regalare ai politici o amministratori locali.



Capitale familiare
Se sta bene la famiglia cresce il paese. E non bastano briciole di Finanziaria

In un momento di crisi quale quello che stiamo vivendo, non solo economica ma, ancor di più, etica e morale, se c’è un punto cui è possibile ancorarci è la famiglia. Pur con tutti i suoi problemi, che sono tanti. Se però, oggi, il paese sta in piedi, dobbiamo dire grazie alla famiglia, che è rimasta il miglior «ammortizzatore sociale» delle principali inefficienze sociali e istituzionali. La famiglia, infatti, si fa carico della grave mancanza di lavoro dei giovani (in sei regioni d’Italia più del 30 per cento sono disoccupati); si prende cura delle persone con disabilità (sette casi su dieci sono a totale carico familiare, senza aiuti istituzionali); assiste gli anziani, sempre più numerosi e bisognosi d’attenzione, che un tempo erano una risorsa per le nuove generazioni, mentre ora pesano sui bilanci familiari.
Ciò nonostante, la politica ignora la famiglia e non le riconosce quel ruolo pubblico e gli aiuti necessari perché possa svolgere al meglio il proprio ruolo nell’educazione dei figli. Che non sono un bene privato, ma rappresentano il futuro e la speranza di un paese. La famiglia non chiede l’elemosina allo Stato o le briciole che avanzano dalla Finanziaria, dopo che i politici si sono spartiti il «tesoro». Richiede quel che è un suo diritto, così com’è previsto dalla nostra Carta costituzionale («La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo», articolo 31).

Troppo presto, in tanti hanno suonato le campane a morto per la famiglia d’oggi, oggetto di pesanti attacchi concettuali ed etici, nonché priva di politiche familiari strutturali e durature, che non sono certo quei provvedimenti saltuari e sporadici, tipo «bonus», «social card» o «una tantum» con cui i politici pensano di metterla a tacitare. L’Italia dedica alle politiche familiari solo l’1,1 per cento della propria ricchezza (Pil), a fronte della Francia e della Germania che investono rispettivamente il 2,5 e il 3,4 del loro prodotto interno lordo.
In un paese con il più basso tasso di natalità al mondo, l’Italia non è in grado di invertire questa tendenza, che i vescovi, di recente, hanno definito «suicidio demografico». Che avvia il paese a un lento, ma inesorabile declino, senza più futuro e speranza. La piramide della popolazione s’è, terribilmente, rovesciata.

Le proiezioni statistiche ci dicono che, nel 2050, il divario tra gli anziani e i super anziani (oltre gli 85 anni) sarà macroscopico: quasi 21 milioni di vecchi e solo 8 milioni di giovani. Un paese così non può davvero stare in piedi. E, allora, di che cosa si occupano i nostri politici, se questa prospettiva non sembra sfiorarli, tanto meno inquietarli?
Eppure, la famiglia è uno di quei temi che non ha colore politico. Appartiene a tutti, perché non è di destra, né di centro, né di sinistra. Se sta bene la famiglia, sta bene il paese. Se cresce la famiglia, cresce anche il paese. La famiglia ha tanti problemi, ma non è «il problema» del paese. Anzi, come dimostrano tante ricerche, essa è una vera «risorsa». Da riscoprire. Perché investire sulla famiglia, anche se costa e ci vogliono soldi veri, è il migliore investimento che il paese può fare. Non si può dire alle famiglie di spendere per far ripartire i consumi, se nelle loro tasche non si lascia neppure un centesimo. Non è invenzione della stampa che, ormai, per la spesa non arrivano più alla terza settimana del mese...
La famiglia (e Belletti ne parla in questo libro, rifacendosi ai Rapporti del Cisf) è un vero capitale umano, sociale e anche economico. L’esperienza dimostra che, in questa grave crisi, le nazioni che meglio e prima ne stanno uscendo sono proprio quelle che hanno adottato politiche familiari strutturali, degne di questo nome.

Sia pure svillaneggiata e irrisa da giornali e tv, che mettono in scena una «famiglia mediatica» (le «allegre famigliole allargate» dove non si capisce chi sono i genitori, i fratelli o gli zii), facendo calare, invece, una spirale del silenzio su venti milioni di famiglie fondate sul matrimonio, la cosiddetta famiglia tradizionale non è affatto da rottamare. Tanto meno è qualcosa che riguarda i nostri nonni e il passato. (...)

A ogni passaggio elettorale i politici hanno promesso di tutto e di più alla famiglia. Almeno a parole, l’annoverano non tra i costi, ma tra le risorse del paese, annunciando piani nazionali a favore della vita e della maternità. L’hanno ribadito al Family Day, che ha visto riunite a Roma un milione di famiglie. Nei fatti, però, non ci sono impegni concreti, atti amministrativi e leggi che migliorino le condizioni di vita delle famiglie più fragili e con più figli. Anzi, il fisco continua a essere poco equo, perché ignora la composizione del nucleo familiare. A parità di reddito, un single e una famiglia numerosa pagano le stesse tasse. E questo non è giusto. Occorre una «politica orientata ai figli», con reti di protezione e sostegno, che non costringano le donne a dover, drammaticamente, scegliere tra la maternità e il lavoro. (...)

Tutti parlano «della» famiglia e «sulla » famiglia, forse è tempo di dare la parola «alla» famiglia. E di non abusare più della sua pazienza, scaricandole addosso i pesi del nostro malessere sociale.

Nessuno può sostituirsi a essa come interlocutore al tavolo della politica, quando si trattano problemi che la riguardano. Il Forum delle Associazioni familiari (che rappresenta più di cinquanta enti e organismi, di cui Francesco Belletti è presidente) deve far sentire, ancor di più, la propria voce a difesa e a sostegno della famiglia. (...)
È tempo, allora, di «rimboccarci le maniche», come invita a fare Francesco Belletti. E di schierarci non tra i «profeti della morte», ma tra i «difensori» della famiglia. Con intelligenza, caparbietà e ottimismo. Nonostante tutto. Occorre davvero «ripartire dalla famiglia», come dice il titolo di questo bel libro. E metterla al centro dell’attenzione e del dibattito del paese. Solo così potremo guardare con più speranza e fiducia al futuro.

http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/121325/capitale_familiare

*L'autore è il direttore di “Famiglia Cristiana” Antonio Sciortino

martedì 21 settembre 2010


Trentino formato famiglia - Prestiti a tasso zero e sconti
http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/dettaglio/trentino-formato-famiglia-prestiti-a-tasso-zero-e-sconti/2385710

E' l'attesa legge sulla famiglia che la commissione provinciale presieduta da Mattia Civico dovrebbe varare entro fine mese in modo da arrivare in consiglio già in ottobre

TRENTO. Prestiti a tasso zero per riparare la macchina o comprare la lavatrice, uno “stipendio” mensile per il genitore che rimane a casa ad accudire il figlio, ticket sanitari e tariffe su misura: eccola qui la tanto attesa legge sulla famiglia che la commissione provinciale presieduta da Mattia Civico dovrebbe varare entro fine mese in modo da arrivare in consiglio già in ottobre.

Il lavoro è una sintesi di cinque proposte di legge, unificate in un unico documento e sconta quindi anche alcune mediazioni. Ma di fatto è la prima e originale proposta di legge sulla famiglia, di cui il Trentino è ancora sprovvisto, avendo delegato ad altri settori le norme di gestione dei rapporti. Il compendio sconta anche questo aspetto e in effetti la normativa pare piuttosto pesante (e prevede la costituzione di una Agenzia per la famiglia e tavoli di confronto), anche se ha l’indubbio merito di essere molto concreta.

Si rovescia, tanto per cominciare, il punto di vista: sono i figli a fare la differenza, non i genitori e quindi si supera anche il delicato tema dello status della coppia. Si riconoscono come numerose le famiglie che hanno almeno tre figli a carico (purché ciascun figlio abbia un reddito inferiore ai 6 mila euro l’anno). E come figlio viene riconosciuto anche il “concepito”.

Per le famiglie numerose sono previste molte agevolazioni: si va dai servizi di mensa ai trasporti, al prolungamento scolastico; sono previste riduzioni dei costi sui consumi energetici; ci sarà la possibilità di avere finanziamenti senza interessi (di piccola entità) per riparare la macchina o cambiarla, comprare i mobili di casa o gli elettrodomestici. Un aspetto interessante è dato dal ticket sanitario che sarà misurato sul carico familiare.

Il problema che si vorrebbe risolvere - e che in parte la legge affronta - è quello della misurazione delle tariffe secondo la logica “individuale”. Un criterio, questo, che penalizza le famiglie (a maggior ragione se numerose). Ma c’è un altro punto piuttosto controverso che certamente approderà in aula e che comunque andrà affrontato: quello del parametro Icef.

La legge, forse per evitare di vederla incagliare, premette che tutte le facilitazioni sono legate allo stato patrimoniale ed economico della famiglia. Una cosa seccamente contestata dal Forum delle famiglie che la ritiene un controsenso: se il criterio è quello non serve una legge, visto che si potrebbe benissimo fare riferimento alle norme già esistenti sulle situazioni disagiate. Pare di capire che la legge da questo punto di vista non sarà cambiata, però è possibile un intervento sul metodo di calcolo dell’ Icef perché tenga conto in modo più marcato della promozione della famiglia, tanto più se numerosa.
(20 settembre 2010)

lunedì 20 settembre 2010

Le risposte all’emergenza famiglia


Le risposte all’emergenza famiglia
Il riconoscimento passa attraverso sostegni concreti


Il magistero di Papa Benedetto XVI sulla famiglia è un dono provvidenziale all’umanità del terzo millennio, in continuità con la parola e la testimonianza di Giovanni Paolo II, che nel suo lungo pontificato ha restituito al matrimonio e alla famiglia una centralità e una dignità prima mai così chiaramente evidenziati, sia all’interno della Chiesa che per l’umanità tutta. E da tutto questo magistero, spesso sapientemente ripreso e rafforzato anche dalla Chiesa italiana, emerge oggi – con chiarezza – che la centralità della famiglia dipende direttamente da quella che tanti ormai riconoscono come «la questione antropologica».

L’esperienza stessa del Forum delle associazioni familiari non avrebbe potuto innescarsi senza questa chiara parola, e senza tradurre la dimensione antropologica nelle circostanze della vita quotidiana delle famiglie del nostro Paese.

Proprio per questo la vertenza famiglia, che il Forum ha lanciato da oltre quindici anni, e che costituisce ormai una vera e propria emergenza sociale per il Paese, ha in agenda numerose direttrici di azione, di natura molto varia: dalla sfida educativa al tema della conciliazione famiglia lavoro, dal riconoscimento del lavoro di cura familiare alla tutela della dignità della vita dal suo concepimento fino alla sua fine naturale, dal sostegno familiare alle persone disabili e ai minori in difficoltà fino alla tutela dell’identità della famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio», ai sensi dell’art. 29 della Costituzione.

In questo senso la richiesta di un fisco a misura di famiglia, che nel 2008 ha raccolto oltre un milione di firme consegnate al Presidente della Repubblica, ha ovviamente un posto d’onore tra le priorità operative delle associazioni familiari raccolte nel Forum, per diversi motivi: prima di tutto perché oggi – e da troppi anni – il fisco penalizza ingiustamente le famiglie con figli e con carichi familiari, e occorre sanare questa iniquità; in secondo luogo perché in troppi casi la nascita di un figlio è fattore di impoverimento per la famiglia, e questo non è degno di un Paese civile; in terzo luogo perché avere un fisco che riconosce i carichi familiari e che premia le famiglie che accolgono al proprio interno i figli significa anche riconoscere socialmente che la famiglia e le nuove generazioni sono un bene pubblico, un capitale sociale, una parte insostituibile del patrimonio del nostro Paese.

È poi vero che non tutti gli interventi di sostegno sono realmente "a misura di famiglia", ma a volte, pur "portando soldi alle famiglie", premiano individualismo, assistenzialismo, percorsi di vita frammentati e deresponsabilizzati. È quindi necessario trovare una sorta di "nuova via italiana alle politiche familiari", che sappia fare tesoro delle buone pratiche e dei fallimenti degli altri Paesi, difendendo la rilevanza sociale della famiglia costituzionalmente definita.

Ma questo implica anche un deciso intervento economico di sostegno, di cui la riforma fiscale è solo un primo ma necessario ed urgente passo: perché il riconoscimento del valore della famiglia passa certo da un chiaro percorso antropologico, ma esige anche concrete azioni. Pensiero e azione, cultura e concretezza, questo è il mix che le famiglie chiedono con urgenza alla politica, in questi tempi difficili ma anche pieni di opportunità: quando, se non oggi, in un momento in cui per la prima volta da molti anni quasi tutti i leader più importanti dei vari schieramenti politici affermano la centralità della famiglia e l’urgenza di politiche concrete? Non deludiamo ancora una volta le aspettative delle famiglie: domani potrebbe essere troppo tardi!
Francesco Belletti - Presidente del Forum delle associazioni familiari

http://www.avvenire.it/Commenti/Il+riconoscimento+passa+attraverso+sostegni+concreti_201009170815204570000.htm

lunedì 13 settembre 2010

Se l' Italia non è un Paese per Bambini


Se l' Italia non è un Paese per Bambini
Inchiesta del Corriere della Sera sulla situazione in Italia

Il movimento genitori Alla luce della nostra esperienza, consigliamo a chi vuole fare un figlio di andare in Francia Il sottosegretario C' è stato uno sforzo grande, dai 100 milioni per gli asili al prestito ai nuovi nati
L' Italia non è più un Paese per bimbi. Lo dicono le cifre e lo conferma - per molti di noi - l' esperienza quotidiana. Circa 46 mila nuovi nati contro poco meno di 57 mila decessi, questo il bilancio Istat di marzo, l' ultimo disponibile. È una curva demografica in costante declino sostenuta grazie al maggior tasso di fertilità degli immigrati. Ma non è soltanto questione di numeri; o meglio, dietro a quei numeri c' è anche dell' altro. «Una questione di cultura diffusa», sintetizza secco Mario Sberna, presidente dell' Associazione Famiglie Numerose. «La verità è che ci siamo abituati all' idea che questo dev' essere un Paese per vecchi».


Per un approfondimento a riguardo visita il sito:
http://archiviostorico.corriere.it/2010/settembre/11/Italia_non_Paese_per_Bambini_co_9_100911022.shtml

Famiglia: ecco come risparmiare sul caro-scuola



Famiglia: ecco come risparmiare sul caro-scuola
È tempo di riapertura delle scuole, ma anche di un'ennesima stangata, per le famiglie, costrette a spendere anche diverse centinaia di euro per ciascuno dei figli che comincia l'anno scolastico. Perciò è importante conoscere tutte le possibili strategie per risparmiare. Intrage ogni anno si prende cura del problema, e aggiorna la sua breve guida sul caro-scuola. Vediamo quali sono le principali cose da fare per non spendere troppo. Per quanto riguarda l'attrezzatura scolastica, una differenza fondamentale la fa il marchio: zainetti, astucci e quaderni "griffati" costano anche più del doppio degli altri, e la qualità, in genere, non è superiore. Quindi bisogna, per prima cosa, evitare che i ragazzi abbiano aspettative a riguardo, non aspettare che inizi la scuola e andare coi ragazzi stessi a comprare attrezzature necessarie, scegliendo quelle prive di personaggi famosi dei cartoni. Rivolgendosi alla grande distribuzione, anziché al cartolaio di fronte alla scuola, si risparmia parecchio. Ma attenzione: il giorno che quel cartolaio chiuderà, non ci sarà più nessuno a vendervi, all'ultimo minuto, il righello che la maestra vuole da vostro figlio. Secondo Altrocunsumo, evitare i grandi marchi fa risparmiare il 31 per cento e rivolgersi alla grande distribuzione il 33 per cento. Per quanto riguarda i libri, il ministero ha stabilito dei tetti massimi di spesa, per scuole medie e superiori, che sono rimasti invariati rispetto allo scorso anno. Ma il nostro consiglio è prendere per prima cosa in considerazione l'usato, per il quale in molte città ci sono ormai mercati specializzati, ma anche lo scambio, possibile non solo tra amici e parenti, ma anche tramite siti come studenti.it o di libridea.it.




http://www.intrage.it/attualita/2010/09/14/notizia17516.shtml

mercoledì 8 settembre 2010

Welfare: nuova Isee, più dura bluffare sulle prestazioni sociali


Welfare: nuova Isee, più dura bluffare sulle prestazioni sociali
L'Inps annuncia nuove regole per la gestione dell'Isee, l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, che viene utilizzate per determinare chi ha diritto a certe prestazioni sociali, incrociando i dati del reddito con altri fattori, quali ad esempio la composizione del nucleo famigliare. L'Isee si basa a sua volta su un altro indicatore, Ise, il quale consente di valutare la situazione economica complessiva di una persona, combinando i redditi percepiti durante l’anno ed i redditi patrimoniali. In base a quanto stabilito dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122, entrata in vigore lo scorso agosto, è stato introdotto, in materia Ise/Isee, uno scambio di informazioni tra Inps, Agenzia delle entrate ed Enti erogatori, che renderà più facile scoraggiare gli imbroglioni dal richiedere agevolazioni cui non hanno diritto. Grazie a tale scambio di informazioni, infatti, sarà più agevole individuare i soggetti realmente beneficiari delle prestazioni sociali agevolate e, dall’altro, comminare eventuali sanzioni per coloro che hanno indicato un reddito diverso da quello dichiarato ai fini fiscali o accertato in via definitiva, e che quindi avrebbero dovuto beneficiare in misura inferiore delle prestazioni sociali agevolate. La nuova legge mira a trasformare la banca dati Isee/Isee - che contiene attualmente la situazione reddituale e patrimoniale utile a calcolare gli indici stessi dei nuclei familiari dei cittadini che presentano la dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) - in una banca dati dei beneficiari delle prestazioni sociali agevolate. Gli Enti erogatori di prestazioni sociali, dovranno comunicare all’Inps i soggetti beneficiari delle agevolazioni, concesse a seguito di presentazione della Dsu. Grazie ad uno scambio delle informazioni tra Inps e Agenzia delle entrate, sarà possibile far emergere i soggetti che, a causa del maggior reddito accertato in via definitiva, non avrebbero potuto fruire o avrebbero fruito in misura inferiore delle prestazioni sociali agevolate. Gli Enti erogatori delle prestazioni sociali potranno ricavare da tale banca data i nominativi delle persone sulle quali rivalersi, comminando sanzioni da 500 a 5.000 euro.
http://www.intrage.it/attualita/2010/09/07/notizia17498.shtml

martedì 31 agosto 2010

Meeting. Il quoziente familiare riparte da Parma


Meeting. Il quoziente familiare riparte da Parma
Le politiche per la famiglia al centro di un incontro al Meeting a Rimini.

Si è parlato anche di questo al Meeting di Rimini nell’incontro cui hanno partecipato i sindaci di Roma Gianni Alemanno e Parma, Pietro Vignali, accanto al presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti, Caterina Tartaglione, presidente del Sindacato delle Famiglie, Luca Pesenti, ricercatore di sociologia generale alla Cattolica di Milano e Monica Poletto, presidente CdO - Opere sociali.

L’esempio di Parma, città dove è stata creata un’agenzia per la famiglia e dove si è cercato di riformare il sistema del welfare locale «così che la famiglia non sia vista come un cliente, ma un fornitore di servizi, applicando il quoziente familiare per l’Isee, il quoziente Parma che serve a rimodulare tasse e tariffe comunali sui carichi familiari». Per il primo cittadino di Parma la speranza è che il cosiddetto quoziente Parma «apra la strada a una fiscalità nazionale più a misura di famiglia». Al momento è attivo un network cui hanno aderito una cinquantina di comuni italiani.

Tra le città che hanno copiato Parma anche la Capitale, il cui sindaco ha detto di battersi da sempre per il quoziente familiare «lo ritengo la politica centrale per le famiglie, perché senza realizzare il quoziente familiare tutti gli aiuti alle famiglie rimarranno troppo deboli. Povertà e ricchezza si determinano dal nucleo familiare e la strada maestra per cambiare è rimodellare l’Isee». Pensando poi al ministro Tremonti ha ricordato come De Gaulle in Francia lo applicò all’indomani della fine della guerra, in un momento certo non florido «il quoziente familiare non è un costo in più, ma prevede una diversa ridistribuzione delle risorse».

Dalle città alla Regione Piemonte, con il neo governatore Cota che ha ribadito come la famiglia sia una priorità e per questa ragione «abbiamo modificato gli stanziamenti sul buono scuola, un provvedimento che negli ultimi cinque anni è stato svuotato, noi invece ci abbiamo messo i soldi perché la libertà educativa è una direttrice della politica a sostegno della famiglia». Cota, inoltre, ha ricordato che la legge sul federalismo fiscale contiene questo principio.

Accanto alle esperienze e alle riflessioni degli amministratori l’esperienza di chi le questioni familiari le vive come Caterina Tartaglione che ha fatto due proposte concrete: «Un nuovo sistema fiscale, con deduzioni sostanziose per i figli e la conciliazione dei tempi famiglia e lavoro con una flessibilità che sia a misura di famiglia». Mentre Francesco Belletti ha sottolineato come «fare famiglia sia un’attività socialmente rilevante», inoltre ha ricordato come ora il quoziente familiare sia tra i cinque punti di programma da attuare alla ripresa delle attività politiche del governo.

Luca Pesenti ha portato anche alcuni numeri che la dicono lunga sull’attuale impegno della politica italiana sulla famiglia: l’investimento del Pil che è fermo all’1 percento, contro il 2,5 della Francia e il 3,2 della Germania.

http://www.vita.it/news/view/106616

domenica 29 agosto 2010

WELFARE: ITALIA ULTIMA IN EUROPA PER SPESA MATERNITA' E FAMIGLIA


WELFARE: ITALIA ULTIMA IN EUROPA PER SPESA MATERNITA' E FAMIGLIA
(ASCA) - Roma, 28 ago - Italia fanalino di coda nell'Unione Europea nella spesa per famiglia e maternita'. Secondo quanto emerge dall'ultima ''Relazione Generale sulla situazione economica del Paese'', relativa al 2009, per queste due voci l'Italia spende circa l'1,2% del prodotto interno lordo, contro il 2% della media Ue a 27 e il 2,1% dell'Ue a 15. Guidata da Danimarca (3,7%), Lussemburgo (3,2%), Svezia (3,0%) e Finlandia (2,9%), la classifica dell'Europa a 15 vede l'Italia attestarsi all'ultimo posto insieme a Spagna e Portogallo. Considerando invece la quota di spesa nell'ambito di tutte le prestazioni di protezione sociale, nella classifica dell'Europa a 27 il nostro Paese e' penultimo, davanti solo alla Polonia.
Se si considera invece l'intera spesa pubblica italiana per il welfare - aggiunge il Tesoro - la quota relativa al sostegno di famiglia e maternità è pari solo al 4,7%, contro una media europea dell'8%. L'Italia fa peggio solo della Polonia (4,5%), collocandosi molto lontano non solo dagli inarrivabili 16,6% lussemburghese e 14,7% irlandese, ma anche dal 10,6% dei tedeschi e dall'8,5% dei francesi.

lunedì 23 agosto 2010

L'Italia e il welfare povero


L'Italia e il welfare povero
(23/08/2010)
Le tasse sono tante ma in cambio la spesa sociale è la più scarsa tra i paesi avanzati dell'Europa. E' quanto rivela un'analisi elaborata dall'ufficio studi della Cgia di Mestre, secondo cui ogni anno il peso tributario (tasse, imposte e tributi) è di 7350 euro, mentre la spesa sociale per italiano in Italia è di 8023 euro per italiano. Riceviamo indietro di spesa sociale in media 664 euro in pi di quello che paghiamo.

Ebbene, i Francesi pagano di tasse poco di più (7438 euro di tasse) ma in media la spesa sociale procapite (scuola, sanità, protezione sociale) è di 10776 euro, oltre 3.300 euro in più di quello che pagano. Come dire, bene le tasse peccato che poi la spesa per lo stato sociale in Italia sia ridicola rispetto altri paesi.

E ancora: in Germania la quota procapite di tasse annuali raggiunge i 6919 euro anno ma poi in spesa sociale ricevono in media a persona 9171 (+2251 euro a testa), ancora una volta anni luce dall'Italia.

"La situazione è fortemente sconfortante - commenta il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi – perché dimostra ancora una volta come, pur in presenza di un peso tributario tanto elevato, in Italia non vengano destinate risorse adeguate per la casa, per aiutare le famiglie indigenti, i giovani, i disabili e chi vive ai margini della società. E' evidente a tutti - prosegue - che le tasse così elevate nel nostro Paese sono la conseguenza di una spesa pubblica eccessiva". Dagli Artigiani di Mestre arriva pertanto la sollecitazione "ad abbassare le imposte, combattere l'evasione fiscale e tagliare le intollerabili inefficienze presenti nella Pubblica amministrazione così come stanno facendo in tutti gli altri Paesi europei".

http://miaeconomia.leonardo.it/economia/lavoro_e_pensioni/news_pensioni/l_italia_e_il_welfare_povero_125478

sabato 21 agosto 2010

Nuove carrozze famiglia sui treni svizzeri


Nuove carrozze famiglia sui treni svizzeri
Entro la fine del 2012 le Ferrovie Federali Svizzere equipaggeranno tutti i 40 treni Intercity a due piani con una nuova carrozza famiglia. Il primo di questi convogli è stato inaugurato il 19 agosto presso lo stabilimento industriale FFS di Olten, con il prezioso aiuto dell'asilo nido Hagmatt di Olten.
Nel piano superiore delle carrozze famiglia del tipo IC2000/Bt i bambini potranno trascorrere il viaggio nel Ticki Park, uno spazio divertimenti caratterizzato dal look da giungla. Scivolo, passaggio sopraelevato, barca e buchi nei quali nascondersi offriranno ai piccoli ospiti un percorso all'insegna del divertimento. Il Ticki Park dispone inoltre di sei posti a sedere per gli adulti. Nel piano inferiore della carrozza sono presenti gli spazi per i passeggini. Gli investimenti per la trasformazione ammontano complessivamente a 2,7 milioni di franchi.
Già oggi sono in circolazione 20 treni Intercity a due piani dotati di carrozza famiglia, su un totale di 40. I treni collegano Ginevra a San Gallo e Romanshorn a Briga. Anche queste carrozze saranno trasformate in Ticki Park famiglia entro la fine del 2012.
"I nostri parchi giochi viaggianti sono molto apprezzati. Ci sono famiglie, che pianificano appositamente gli spostamenti per utilizzare questi treni", ha spiegato Urs Schlegel, direttore del Traffico Viaggiatori di FFS, durante l'inaugurazione.
Lo spazio famiglia è offerto nei vagoni di comando, cioè in testa o in coda ai treni Intercity. Le carrozze sono caratterizzate da scimmiette colorate poste all'esterno e dai pittogrammi a forma di orsetto situati presso le porte d'entrata. Nell'orario online, i treni dotati di questi spazi sono indicati con l'abbreviazione "FA".
http://stradeferrate.blogosfere.it/2010/08/nuove-carrozze-famiglia-sui-treni-svizzeri.html

giovedì 19 agosto 2010

Vacanze a dismisura di famiglia


Vacanze a dismisura di famiglia
Tra crisi economica e mancanza di investimenti a tutti i livelli, per i nuclei familiari è sempre più difficile concedersi un po’ di relax.

Anche quest’anno le famiglie italiane hanno speso meno per le loro vacanze. È quanto si leggeva qualche giorno fa sulle colonne del Sole 24 Ore. Responsabile della decurtazione che ha investito le strutture turistiche quella onnipresente crisi economica che, nonostante i ripetuti annunci di una imminente ripresa, sembra non volerci più abbandonare. Responsabile, però, anche l’anomalia di un paese civile che continua a rivelarsi assai poco attento alle esigenze della famiglia, anche quando essa va in vacanza.
Si pensi alle prenotazioni per una stanza d’albergo. “Buongiorno, avreste una stanza per cinque? Sì, cinque: io, mia moglie e i miei tre figli”. “Come, avrebbe solo una stanza matrimoniale al secondo piano e una tripla al decimo? Ma il più grande dei miei figli ha nove anni”. “Altrimenti una stanza da quattro e un quinto lettino aggiunto, dice? E il lettino dove? Vicino alla vasca da bagno?”.

Non va meglio negli stabilimenti balneari: un ombrellone e due sdraio costano dai 10 ai 25 euro. Poi ti ritrovi un figlio a leggere il suo libro su una sdraio, un secondo figlio a fare le parole crociate sull’altra, la mamma incassata fra le sdraio nell’ultimo residuo d’ombra e il papà sulla riva a fare i castelli di sabbia. Per non parlare, non dico del cane, ma dei gelati. Ripenso ai ghiaccioli della mia infanzia a cinquanta lire. Oggi si acquista un cono confezionato a oltre due euro, il nuovo Bubble Bang a quattro euro, altrimenti una coppa al tavolo intorno ai 12. “Papà, dicono i soliti tre figli, possiamo andare a prendere un gelato?”. “Certo, risponde il genitore, aspetta che ti firmo l’assegno”.

Qualcuno prova a tener conto della famiglia media italiana: una riduzione del 20 per cento sul secondo figlio, del 30 per cento sul terzo (che, statistiche alla mano, raramente c’è). In pratica un single spende 10 euro, una famiglia di cinque persone 45 euro, con lo stesso stipendio o tutt’al più raddoppiato, col diritto a uno spazio ridotto, col tacito avvertimento di non disturbare troppo. È naturale che quando una famiglia con tre figlia passeggia (nel centro commerciale, la domenica), le dolci vecchiette la fermino per complimentarsi. “Tutti suoi? Che coraggio, signora”. Il marito, ovviamente, più che il padre di quelle tre creaturine è un quarto impiccio per la moglie.
Certo, la crisi ha gettato la sua ombra lunga sulle vacanze di tutti gli italiani, ma le famiglie sono oltremodo penalizzate. Tutti lo dicono, soprattutto in campagna elettorale. Pochi fanno qualcosa per agevolarle. E la disattenzione non è solo dei politici.

http://www.cittanuova.it/contenuto.php?TipoContenuto=web&idContenuto=27026

mercoledì 11 agosto 2010

Per il welfare la povertà è variabile


Per il welfare la povertà è variabile
L'autovelox appena dopo una curva. La lancetta del tachimetro sui 100 all'ora, in una strada con il limite a 50. E la multa, prevedibile e inevitabile. È successo mercoledì scorso a Giovanni, 37enne impiegato milanese, che per un attimo ha sperato di poter pagare la sanzione a rate grazie alle nuove norme del Codice della strada. Niente da fare, però. E non solo perché le regole entreranno in vigore venerdì: è anche una questione di redditi.
Nell'ultima dichiarazione – modello 730 – Giovanni ha indicato un imponibile di 19.154 euro. Ha due figli piccoli ed è sposato con Laura, che lavora con un contratto di collaborazione e guadagna 5.214 euro all'anno. In tutto, fa poco più di 24mila euro. Per poter dilazionare la multa, invece, il reddito familiare avrebbe dovuto essere al di sotto di 13.726 euro (soglia calcolata aumentando il valore base di 10.628 euro in base al numero di familiari).
Se però lo stesso tetto fosse espresso in termini di Isee, anziché di reddito imponibile, il risultato rientrerebbe nel limite. Il simulatore sul sito dell'Inps conferma il valore che Giovanni ha fatto calcolare da un centro di assistenza fiscale: 10.555 euro di Isee, l'Indicatore della situazione economica equivalente.
Quella di usare il reddito imponibile anziché l'Isee è una scelta del legislatore, e come tale va accettata. Ma questo piccolo esempio è sufficiente a mostrare quanto possano cambiare i risultati in base ai criteri di selezione. L'Isee è stato introdotto in Italia con il Dlgs 109/1998 ed è nato proprio per misurare quelle caratteristiche che non sono direttamente riconducibili al reddito: tant'è vero che, per calcolarlo, bisogna tenere conto anche del patrimonio mobiliare (BoT, conti correnti, azioni) e di quello immobiliare (scontando eventualmente la quota di mutuo ancora da pagare). Il tutto corretto secondo una scala di equivalenza che premia le famiglie numerose, quelle in cui ci sono portatori di handicap o in cui entrambi i genitori lavorano.
Dodici anni dopo la sua introduzione, l'Isee è di gran lunga il parametro più usato per decidere i beneficiari di prestazioni sociali agevolate. L'anno scorso l'Inps ne ha contati quasi 7 milioni, dato più che triplicato rispetto al 2002. Anche nel perimetro di questo indicatore, però, si possono incontrare valori limite diversi da una città all'altra. Perché accanto a prestazioni per le quali esiste un valore-soglia uguale su tutto il territorio nazionale (come il bonus sociale per l'elettricità) ce ne sono altre che dipendono dalle scelte dei singoli enti coinvolti (come le tariffe per gli asili).
Il caso di Giovanni può fare da bussola. Con il suo valore di Isee, dopo l'estate avrà dal comune di Milano una tariffa agevolata per mandare al nido d'infanzia il più piccolo dei suoi figli: 103 euro al mese di contributo di frequenza, contro i 465 euro di tariffa massima. Con lo stesso Isee, a Bologna la tariffa sarebbe di 144 euro e a Torino di 168 euro. Piccole e grandi differenze, che dipendono anche dal numero di fasce di reddito: Milano, per esempio, ne usa solo quattro, il capoluogo piemontese 21.
Se il figlio di Giovanni avesse appena dato la maturità, servirebbe l'Isee anche per calcolare le tasse universitarie. Anzi, servirebbe l'Iseeu, una variante che – tra l'altro – considera solo al 50% i redditi prodotti dai fratelli dello studente. Attestazione alla mano, per l'immatricolazione al corso di laurea magistrale a ciclo unico in giurisprudenza alla Statale di Milano si pagherebbero 698 euro, contro i 650 dell'università dell'Insubria e i 435 euro dell'università di Pavia. In tutti e tre i casi si tratterebbe della prima fascia, che di fatto azzera la seconda rata delle tasse universitarie.
Fuori dal mondo accademico, però, la soglia del livello del bisogno si abbassa drasticamente. Tant'è che Giovanni non ha potuto richiedere né il bonus elettrico (72 euro da scontare in bolletta per il 2010), né il bonus gas (125 euro per un'utenza milanese che utilizzi il metano per il riscaldamento, i fornelli e il boiler): in entrambi i casi, bisogna stare sotto i 7.500 euro di Isee. Stesso discorso per la social card riservata ai bambini con meno di tre anni: per ottenerla serve un Isee inferiore a 6.235,35 euro. Troppo poco, in questo caso.



http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-08-09/welfare-poverta-variabile-080533.shtml?uuid=AYunyJFC#continue

venerdì 6 agosto 2010



Famiglia: Istat, divorzi raddoppiati in 13 anni
Boom di divorzi e diminuzione del numero dei matrimoni, in uno dei paesi più cattolici del mondo, con 84.165 separazioni in Italia e 54.351 divorzi nel 2008, corrispondenti ad un incremento, rispettivamente, del 3,4% e del 7,3% rispetto all’anno precedente. Ma a tenere di più rispetto, al passato, sono i matrimoni tra coniugi di diversa cittadinanza, che hanno visto il decremento di circa un terzo delle crisi matrimoniali. Sono alcuni dei dati che emergono dal rapporto su Separazioni e divorzi in Italia presentato dall'Istat. Se si considera il periodo compreso tra il 1995 e il 2008, il numero delle separazioni e dei divorzi è circa raddoppiato: "nel 1995 si verificavano 158 separazioni e 80 divorzi ogni 1.000 matrimoni, nel 2008 si arriva a 286 separazioni e 179 divorzi". Ci si separa di più nel Nord-ovest (con picchi in Liguria e la Valle d'Aosta), con 363 separazioni per 1.000 matrimoni, e meno al Sud, con 186 separazioni per 1.000 matrimoni. Il matrimonio dura ormai, in media, dai 7 ai 12 anni. Tra coniugi di diversa nazionalità (coppie miste), le separazioni sono invece diminuite del 30 per cento. Gli stranieri di sicuro possono permettersi meno ripensamenti, anche perché per un divorzio, secondo una stima dell'Aduc, si può arrivare a spendere fino ad un massimo di 23 mila euro.

Vienna, l'impero formato famiglia
Piani turistici e pacchetti famiglia la rendono estremamente conveniente.
http://www.viaggi24.ilsole24ore.com/Rubriche/Bambini/2010/07/vienna-weekend.php

Mai pensato a un weekend estivo in quel di Vienna, "città più abitabile del mondo" degli ultimi anni secondo la stampa turistica internazionale e lo Studio Mercer? No? Allora pensateci.

Il piano famiglia varato dal locale Ufficio turismo permette oggi, e per tutta l'estate 2010, soggiorni completamente gratuiti in hotel quadristellati per tutti i bambini sotto i 16 anni. Con la conseguenza di trovare pacchetti per famiglia tipo questo: da 199 euro per per 3 giorni/2 notti 2 adulti e 2 bambini allo storico e centrale Vienna Hotel Palace (Margaretenstraße 92, tel. 0043-1 546860). Oppure al nuovo, e di design, Hotel Schottenfeld (Schottenfeldgasse 74, tel. 0043-15265181).

E per le famiglie numerose, c'è l'Hotel Capri: un 3 stelle con appartamenti da una camera matrimoniale più una o due stanze supplementari e comunicanti con due letti separati ciascuna. A partire da 78 euro per camera a notte (Praterstraße 44-46, , tel. 0043-12148404). Ricordate anche che i giovani stranieri di età inferiore a 15 anni (portare un documento d'identità!) possono viaggiare gratis sulla metropolitana, il tram e l'autobus durante le ferie scolastiche a Vienna nonché ogni domenica e giorno festivo. Quanto al viaggio, si trovano facilmente offerte da cira 900 euro a/r due adulti e due bambii con Swiss Airlines.

sabato 17 luglio 2010

Confesercenti: una famiglia su cinque coinvolta nella perdita del posto


Confesercenti: una famiglia su cinque coinvolta nella perdita del posto
Una famiglia su cinque (18%), è stata coinvolta nella perdita del posto di lavoro, percentuale che sale al 23% se si prende in considerazione anche la cassa integrazione, già subita o in arrivo. «Un impatto sociale enorme», quello della crisi, sulle famiglie italiane, rileva l’Ispo, che ha curato per Confesercenti il terzo Report sul termometro della crisi. Nonostante i molti segnali che giungono da economisti e dai dati macro relativi a un’Italia verso l’uscita dal guado, «la percezione della gente è ben diversa e il 93% degli italiani si dice preoccupato per la situazione economica italiana – evidenzia il presidente della Confesercenti Marco Venturi -: la gente vive le difficoltà vere, continua a faticare ma non vede il traguardo, quindi la sfiducia è inevitabile». E, quando si tratta di mercato del lavoro, la preoccupazione sale al 94%; oltre la metà degli italiani (51%) non vede la luce in fondo al tunnel ed è convinta che tra un anno le cose non andranno meglio: è in calo infatti il trend di chi sperava in una ripresa, più corposo a settembre 2009 rispetto ad oggi. Il 59% è inoltre molto preoccupato per il proprio posto di lavoro e tale quota è in forte crescita (+10%) rispetto a ottobre 2009, data del primo report. Non a caso la principale richiesta al governo riguarda interventi in campo lavorativo e a essere molto preoccupati sono manager, liberi professionisti e impiegati. Un peggioramento generale che «preoccupa fortemente» il presidente della Confesercenti: «ci fa temere un’ulteriore contrazione dei consumi e un effetto sulla stagione turistica già in corso», dice Venturi. Se consumi e redditi delle famiglie continuano ad accumulare segni meno, peggiorerà a fine anno anche il saldo tra aperture e chiusure dei negozi, è il timore della Confersercenti
http://www.ultimenotizie.tv/notizie-economiche/confesercenti-una-famiglia-su-cinque-coinvolta-nella-perdita-del-posto.html

lunedì 12 luglio 2010

In rosso i redditi delle famiglie


In rosso i redditi delle famiglie
I dati sono pesanti e confermano una economia reale, quella delle famiglie, in perenne e sempre più pericoloso stallo. Ieri ci ha pensato anche Istat che, mentre il ministro Brunetta parlava di redditi di lavoratori e pensionati in crescita, forniva un quadro del tutto opposto.
Infatti Istat ha spiegato che nel primo trimestre 2010 il potere di acquisto delle famiglie (il reddito disponibile delle famiglie in termini reali) è diminuito dello 0,5 per cento rispetto al trimestre precedente e del 2,6 per cento rispetto a quello corrispondente.
Un quadro ancora più fosco viene visto dalla Federconsumatori, secondo cui dati maggiormente realistici sono quelli dell'Osservatorio Nazionale dell'associazione, "che registrano una contrazione della capacità di acquisto del 3,5%, con un'ovvia ricaduta negativa sui consumi la cui diminuzione è di 20 miliardi di Euro, e produrrà sia minor benessere per le famiglie, sia grave danno per la produzione industriale".
Non solo, dicono alla Federconsumatori, le famiglie sono le uniche a pagare la crisi, ma sono anche colpite dalla nuova manovra finanziaria. "Ad aggravare ancora di più questa situazione contribuirà, inoltre, come calcolato dall'Osservatorio Nazionale Federconsumatori, l'aumento di spesa di 886 Euro annui nel 2010, aggiornato alla luce degli effetti della manovra economica del Governo".


http://miaeconomia.leonardo.it/economia/soldi_e_famiglia/news/in_rosso_i_redditi_delle_famiglie_124708

mercoledì 7 luglio 2010

A quando un fisco più "familiare"?


A quando un fisco più "familiare"?
http://www.gvonline.it/public/articolo.php?id=6005


Le spese veterinarie per il criceto? Povera bestiola: quelle sì si possono detrarre dalle tasse. Ma i costi per l'asilo nido dei figli solo in minima parte (al massimo 632 euro, l'equivalente delle rette di uno o due mesi): evidentemente sanno di lusso per mamme con poca voglia di fare e tanto tempo da perdere. Guardatevi bene, poi, dal tenere il nonno in casa, magari malato di Alzheimer: se prende una pensione potrebbe farvi schizzare all'insù l'Isee e addio agevolazioni di qualsiasi tipo per rette comunali, mense, borse di studio...
Fissatevi nella mente questo concetto: «In Italia, semplicemente, la fiscalità a misura di famiglia non esiste: la famiglia non è un soggetto fiscale». Parola di commercialista, nella fattispecie Silvano Brusadin, pordenonese, da anni per lavoro, per interesse (sposato, 4 figli) e per passione un osservatore di come il fisco tratti le coppie unite in matrimonio con prole. Esiste il singolo contribuente (la “persona fisica”), sono contemplate le società, ma quel particolare tipo di “società” che è la famiglia non solo non è tenuta in alcun conto ma è persino bistrattata, beffata, penalizzata.

Tentativo abortito. E questo nonostante gli slogan politici di questo o quel partito, le promesse elettorali, i proclami vari. La verità, che andremo a dimostrare, è una e una soltanto: «La fiscalità della famiglia non esiste». L'unico tentativo compiuto per creare un fisco a misura di famiglia risale al 1990: sono gli anni del sesto Governo Andreotti, sostenuto dal pentapartito Dc-Psi-Psdi-Pri-Pli. Una legge delega (la n. 408, all'art. 19: si veda la scheda in alto), la “Andreotti-Formica”, istituiva l'introduzione, entro il 31 dicembre 1992, del quoziente familiare. E' entrata in vigore con un grosso difetto: non è mai stata corredata dei decreti di attuazione. Come la carrozzeria di un'automobile cui non sia mai stato installato il motore: non può camminare. E infatti...
E infatti la famiglia non rientra, a tutt'oggi, tra i soggetti che hanno diritto di dichiarare solo in parte i propri redditi, o che possono godere di imposte sostitutive più vantaggiose (si veda, in basso, la scheda su reddito e tassazione). Molto meglio se la passano le società o i lavoratori autonomi, indipendentemente dal fatto di avere moglie e figli.
Disparità. Che la famiglia proprio non esista agli occhi del fisco risulta evidente quando bisogna fare i conti con il principio della progressività delle imposte (si veda, sempre in basso, la scheda su deduzioni, detrazioni e aliquote). Fa molta differenza se a casa arrivano – si tratta di un reddito elevatissimo, ma è utile per capire il concetto – 100 mila euro da un unico reddito o se i redditi sono due, da 50 mila euro ciascuno. Nel primo caso l'imposta lorda è di 36.170 euro, nel secondo di 30.640: 5.530 euro in meno. Per il fisco non esiste una famiglia, esistono solo due lavoratori. E ad essere avvantaggiate sono le famiglie con due coniugi che lavorano, non quelle in cui uno lavora (con un reddito più elevato) e uno no. Dunque, fiscalmente parlando, le casalinghe sono un peso.
Separazioni fittizie. Se si prendono in considerazione le possibili deduzioni, «quasi nessuna – nota Brusadin – agevola la famiglia». Vengono in generale utilizzate per oneri di maggior rilevanza sociale, quali: contributi obbligatori per legge, versamenti volontari a forme pensionistiche complementari, esenzione dalla tassazione della casa d'abitazione... Una riguarda le somme corrisposte al coniuge separato in forza sentenza: l'assegno di mantenimento è un buon modo per pagare meno tasse. «Ci sono commercialisti - racconta Brusadin - che sanno che, per ridurre le imposte, c'è chi fa risultare fittiziamente di essere separato dal coniuge. Anche perché non c'è un limite alle somme che si possono dedurre per questa via. Quello che fa riflettere è che non esistono invece casi di matrimoni simulati per ottenere benefici fiscali...». Non è invece possibile dedurre assegni corrisposti al coniuge che non lavora; né è possibile dedurre dal proprio reddito la retribuzione del coniuge quando questo risulti proprio dipendente. Solo separarsi conviene.
Detrazioni amare. Veniamo alle detrazioni, che agiscono riducendo le imposte da versare. Hanno il limite della “capienza d'imposta”: non può godere di detrazioni il contribuente che non deve pagare tasse. Tanto che c'è il caso di chi, con una famiglia numerosa e un reddito ridotto, non può detrarre le (consistenti) spese mediche effettuate in famiglia, perché non c'è niente da detrarre: né quei soldi gli ritornano in tasca in altro modo.
In termini di detrazioni, un coniuge a carico vale dai 690 agli 800 euro a seconda del reddito (come se il suo mantenimento costasse solo dai 2 o 3 mila euro all'anno), più o meno come ogni figlio. Se si scorre la lista delle altre possibili detrazioni d'imposta, si resta stupiti per le carenze e le dimenticanze riguardanti spese proprie del nucleo familiare. Mentre esistono detrazioni per le spese veterinarie (i criceti di cui parlavamo all'inizio), non ne esistono per l'acquisto dei testi scolastici, di strumenti musicali di giovani iscritti al conservatorio, o per la retta (figurarsi!) di scuole paritarie. Neanche l'acquisto di voucher con cui pagare lavori occasionali (colf, baby sitter...) è premiato in qualche modo dal fisco, se non per aiutare le famiglie, almeno per favorire l'emersione di lavoro nero. Le badanti per i genitori anziani e malati? Sono detraibili i contributi, non le cifre corrisposte per la loro retribuzione.

Famiglia, soggetto fiscale. Eppure dei modi ci sarebbero per tassare in modo più equo le famiglie italiane, in base al loro reddito complessivo. Le strade potrebbero essere due: lo splitting e il quoziente familiare. Lo splitting (utilizzato ad esempio negli Usa e in Germania) consiste nel suddividere il reddito totale per il numero dei componenti del nucleo familiare. Il quoziente familiare (proprio della tradizione francese) è uno strumenti di calcolo più fino che “pesa” la capacità dei singoli componenti della famiglia di produrre e di “sottrarre” reddito. Lo splitting in Italia è già in vigore: non per le famiglie, naturalmente, ma per le società, visto che il reddito prodotto si suddivide tra i soci. «Se funziona per le società perché non dovrebbe funzionare per la “società” famiglia?», si chiede Brusadin.
Copiare dalle imprese. Un modo semplice per incentivare la formazione di nuove famiglie ci sarebbe. Basterebbe, suggerisce il commercialista, copiare certe norme previste per il mondo imprenditoriale e trasferirle tali e quali al mondo “familiare”. L'art. 13 della legge 388/2000 prevede ad esempio una tassazione sostitutiva pari al 10% del reddito prodotto nei primi tre anni di attività per le nuove iniziative imprenditoriali. Praticamente un assegno in bianco, se si tiene conto che la prima aliquota è pari al 23% e il 10% è meno della metà. Bene, perché allora non prevedere una tassazione agevolata per le famiglie di nuova costituzione?
L'art. 1 della legge 244/2007 fissa al 20% del reddito prodotto la tassazione sostitutiva, a regime, per i redditi di impresa o di lavoro autonomo minore (fino cioè a 30 mila euro di ricavi). Basterebbe prevedere una tassazione agevolata a regime anche per i nuclei familiari: il 20% fino a 30 mila euro, poi si procede con il crescere delle aliquote. Le norme sul consolidato fiscale (che prevede si mettano insieme i redditi delle società di uno stesso gruppo, compensando eventuali perdite e ricavi: art. 117 e ss. Tuir) e sulla trasparenza fiscale (art. 115 e ss. Tuir) potrebbero tradursi in un “consolidato familiare” e relativa trasparenza, tramite splitting o quoziente; e nella possibilità di una compensazione tra le imposte dovute dai singoli coniugi, oggi permessa solo in sede di presentazione del modello 730, ma non del modello Unico. E a fronte del divieto di deduzione della retribuzione corrisposta al coniuge, si potrebbe all'opposto prevedere una retribuzione figurativa del coniuge casalingo.
I costi di una simile riforma. Il costo di simili riforme? Potrebbero raggiungere, per il commercialista, i 12 miliardi di euro di mancate entrate all'anno per il fisco. Tantissimi. Troppi? La cifra è notevole, ma si può ovviare in due modi: mettendo in atto solo alcune delle misure proposte; o recuperando gettito da altri settori. Magari da quei santuari dell'intoccabilità che sono i redditi da capitali, le transazioni finanziarie e le tante forme di fiscalità agevolata di un sistema che tutti vuol premiare al di fuori di un papà, una mamma e i loro figli.
Paolo Fusco
Tratto da GENTE VENETA, n.25/2010

Urge l'emersione del "capitale" familiare
http://www.gvonline.it


La parola più adatta potrebbe essere “incentivo”. Oppure, più di moda, “emersione”. Funziona con le auto e gli elettrodomestici, con i capitali, con il lavoro nero... perché la leva fiscale non dovrebbe mostrare i suoi benefici effetti anche nei riguardi dei matrimoni?
Il principio è semplice: per rendere più appetibile una scelta piuttosto che un'altra si deve favorire il cittadino contribuente in qualche modo. In cambio lo Stato ottiene un beneficio di riflesso: mette in moto l'economia – e quindi la produzione del reddito, che si traduce in nuove entrate fiscali – o può tornare a mettere le mani su redditi e capitali che in precedenza gli venivano occultati.
C'è un bene, o si potrebbe anche dire un capitale, che nella società italiana merita di essere portato alla luce e fatto prosperare. E' la stabilità che solo una famiglia fondata sul matrimonio può garantire. E' il massimo della sussidiarietà orizzontale, è il presupposto per offrire ai figli una crescita serena ed equilibrata, potenzia le forze e le energie del singolo a vantaggio del resto della società e dell'economia. Se per una qualche ragione questo bene viene smarrito, a vantaggio di forme di convivenza meno solide, meno proiettate al futuro, si ha una perdita – anche in termini economici – per l'intera società italiana.
E' per questo che il matrimonio va incentivato. Anche fiscalmente, come avviene in altre nazioni. Un sistema impositivo che non aiuta la famiglia favorisce il permanere in tutte quelle forme di convivenza che famiglia non sono. Abbiamo visto in queste pagine che a un uomo e una donna conviene di più unire i propri destini finanziariamente e societariamente che contraendo un vincolo duraturo.
Al di là dei proclami, degli slogan ricorrenti ma mai trasformati in provvedimenti concreti, urge una riforma seria del sistema fiscale per dare fiato alla famiglia, prima impresa produttrice di beni materiali e immateriali di questa società.

Attenti all'Isee: non sempre fa giustizia


Attenti all'Isee: non sempre fa giustizia
http://www.gvonline.it


L’Isee (Indicatore di Situazione economica equivalente) strumento di giustizia? Da un'analisi attenta può risultare piuttosto un calcolo penalizzante in certe situazioni familiari: le più diffuse. Vediamo perché.
Ai fini del calcolo dell'Isee, vanno conteggiati entrambi i coniugi, anche se hanno residenze diverse, insieme ai figli e ad altri familiari conviventi. Lo stesso non avviene nel caso in cui mamma e papà siano solo conviventi e abbiano mantenuto le residenze originarie. Anzi, risulta un nucleo composto da ragazza madre e figlio/i, con tutti i benefici del caso. L'«emersione» della famiglia, attraverso il matrimonio, non paga affatto.
Bisogna guardarsi bene, poi, dall'accudire in casa un genitore anziano, se beneficiario di pensione. Perché in questo caso il suo reddito viene sommato agli altri redditi familiari, ai fini della determinazione dell'Isee. «Avere i nonni a casa», chiosa Silvano Brusadin, «è un peso e non, come viene inteso socialmente, un premio». Pesa anche, perché innalza l'Isee, la casa d'abitazione (esclusa tuttavia dalla tassazione in sede Irpef). Per non dire di altre incongruenze, come i rendimenti derivanti dal patrimonio mobiliare: quest'anno avrebbero dovuto fruttare un guadagno del 4,32%. In quale banca, con quale Bot, con quale fondo? L'Isee, in pratica, considerando queste voci premia chi non risparmia.
La proposta che avanza il commercialista pordenonese è semplice: rovesciare il sistema di calcolo dell'Isee e non partire dai genitori con il loro reddito, ma dai figli: genitori sposati, conviventi e separati finirebbero almeno sullo stesso piano.

giovedì 24 giugno 2010

MANOVRA: FORUM FAMIGLIE, SIAMO PROFONDAMENTE INSODDISFATTI


MANOVRA: FORUM FAMIGLIE, SIAMO PROFONDAMENTE INSODDISFATTI

(ASCA) - Roma, 22 giu - ''Siamo profondamente insoddisfatti della attuale manovra. In particolare ci sembra inaccettabile che non sia in alcun modo presente un'attenzione esplicita alle famiglie in difficolta' economica e alle famiglie con figli''. A criticare le misure del Governo Berlusconi in materia economica e' il Forum delle famiglie, il cartello di associazioni cattoliche che, con il governo Prodi era addirittura sceso in piazza con il 'Family day' a Roma. Una ''insoddisfazione'' emersa con tutta evidenza nel corso dei lavori del convegno ''Dal noi della famiglia al noi del bene comune'', che si sta svolgendo a Senigallia, organizzato in collaborazione con gli uffici Famiglia e Lavoro della Cei.

In un documento elaborato dall'assemblea del Forum, pur affermando la necessita' della ''linea di rigore'' imposta ''da tempi difficili'', si aggiunge subito che e' ormai improcrastinabile ''il tempo di investire sulla famiglia con coraggio'', nella certezza che ''le risorse dedicate alle famiglie innescheranno anche la ripresa dello sviluppo economico e che, quindi, non si tratta ne' di elemosine ne' di interventi tampone ma di un deciso investimento su una risorsa insostituibile''.

Le associazioni cattoliche, nel documento, insistono su una riforma del fisco ''a misura di famiglia'', avanzando alcune specifiche proposte. Innalzamento si propone una revisione fiscale nella direzione dell'innalzamento ''della soglia del reddito percepibile dal familiare a carico, ferma da oltre 10 anni a 2840 euro annui. Chiediamo che venga innalzata subito a 5000 euro, - afferma il Forum - perche' anche piccoli lavori e giovani possano emergere dal lavoro nero''.

Tra le altre proposte, la rinuncia ad innalzare il limite di invalidita' dal 75% all'85%; meccanismi di imposta negativa, credito di imposta o rimborso fiscale per gli incapienti che rischiano di non beneficiare di alcune detrazioni loro spettanti e, per le lavoratrici-madri e le dipendenti statali che dovranno andare in pensione a 65 anni, il riconoscimento del carico di cura con contributi figurativi per uno o due anni per ogni figlio.

lunedì 21 giugno 2010

RAPPORTO CISF: LE FAMIGLIE SPENDONO 9MILA EURO L'ANNO PER I FIGLI


RAPPORTO CISF: LE FAMIGLIE SPENDONO 9MILA EURO L'ANNO PER I FIGLI
18 giu. - I figli non hanno prezzo. Ma per loro i genitori spendono oltre 9.000 euro l'anno tra mantenimento e accrescimento (798 euro al mese). E cosi' il 53,4% delle famiglie in Italia (24 milioni circa) non ha figli contro il 21,9% che ne ha uno, il 19,5% ne ha due e solo il 4,4% ne ha tre. E mentre il tasso di fecondita' femminile e' pari a 1,41 - tenuto alto dal fatto che le donne straniere partoriscono di piu' - 2,13 e' il numero di figli desiderati. Disponibilita' economica sufficiente, tempo su cui i genitori possono contare per prendersi cura della prole e rete dei servizi sono poi le variabili che incidono sulla natalita'.
Ma come si fa a volere dei bambini se il 60% delle famiglie italiane vive con un reddito sotto i 1.500 euro al mese e la spesa sociale che lo Stato destina a favore della famiglia e dell'infanzia e' l'1,1% del Pil contro le percentuali doppie e triple di Francia e Germania? Tutti questi dati sono contenuti nel Rapporto 2009 del Cisf (Centro internazionale studi famiglia) presentato oggi a Roma e intitolato "Il costo dei figli".
Ma il rapporto si sofferma anche su quale tipo di welfare per la famiglia italiana. Per il Pierpaolo Donati, curatore della ricerca, "bisogna passare a un sistema fiscale piu' favorevole per chi ha figli, a un quoziente familiare sul modello di quello francese - ottimale per la redistribuzione orizzontale dei redditi - e a uno Stato sociale che non guardi solo all'individuo, ma a tutta la famiglia, e tenga conto che anche il welfare civile - fatto da banche, aziende, sindacati, associazioni e cooperazione sociale - puo' e deve fare la sua parte". Oggi "il costo privato sostenuto dalle famiglie per i propri bambini e' troppo alto e i servizi per l'infanzia sono un problema; cosi' quel 'bene comune' del futuro che e' rappresentato dai figli costituisce un rischio economico distribuito in modo non equo sulla societa', che pesa tutto sulle spalle dei genitori", conclude Donati.

http://www.clandestinoweb.com/sondaggi-da-tutto-il-mondo/363893-rapporto-cisf-le-famiglie-spendono-9mila-euro-lanno-per-i.html

Contatore visite