giovedì 24 giugno 2010

MANOVRA: FORUM FAMIGLIE, SIAMO PROFONDAMENTE INSODDISFATTI


MANOVRA: FORUM FAMIGLIE, SIAMO PROFONDAMENTE INSODDISFATTI

(ASCA) - Roma, 22 giu - ''Siamo profondamente insoddisfatti della attuale manovra. In particolare ci sembra inaccettabile che non sia in alcun modo presente un'attenzione esplicita alle famiglie in difficolta' economica e alle famiglie con figli''. A criticare le misure del Governo Berlusconi in materia economica e' il Forum delle famiglie, il cartello di associazioni cattoliche che, con il governo Prodi era addirittura sceso in piazza con il 'Family day' a Roma. Una ''insoddisfazione'' emersa con tutta evidenza nel corso dei lavori del convegno ''Dal noi della famiglia al noi del bene comune'', che si sta svolgendo a Senigallia, organizzato in collaborazione con gli uffici Famiglia e Lavoro della Cei.

In un documento elaborato dall'assemblea del Forum, pur affermando la necessita' della ''linea di rigore'' imposta ''da tempi difficili'', si aggiunge subito che e' ormai improcrastinabile ''il tempo di investire sulla famiglia con coraggio'', nella certezza che ''le risorse dedicate alle famiglie innescheranno anche la ripresa dello sviluppo economico e che, quindi, non si tratta ne' di elemosine ne' di interventi tampone ma di un deciso investimento su una risorsa insostituibile''.

Le associazioni cattoliche, nel documento, insistono su una riforma del fisco ''a misura di famiglia'', avanzando alcune specifiche proposte. Innalzamento si propone una revisione fiscale nella direzione dell'innalzamento ''della soglia del reddito percepibile dal familiare a carico, ferma da oltre 10 anni a 2840 euro annui. Chiediamo che venga innalzata subito a 5000 euro, - afferma il Forum - perche' anche piccoli lavori e giovani possano emergere dal lavoro nero''.

Tra le altre proposte, la rinuncia ad innalzare il limite di invalidita' dal 75% all'85%; meccanismi di imposta negativa, credito di imposta o rimborso fiscale per gli incapienti che rischiano di non beneficiare di alcune detrazioni loro spettanti e, per le lavoratrici-madri e le dipendenti statali che dovranno andare in pensione a 65 anni, il riconoscimento del carico di cura con contributi figurativi per uno o due anni per ogni figlio.

lunedì 21 giugno 2010

RAPPORTO CISF: LE FAMIGLIE SPENDONO 9MILA EURO L'ANNO PER I FIGLI


RAPPORTO CISF: LE FAMIGLIE SPENDONO 9MILA EURO L'ANNO PER I FIGLI
18 giu. - I figli non hanno prezzo. Ma per loro i genitori spendono oltre 9.000 euro l'anno tra mantenimento e accrescimento (798 euro al mese). E cosi' il 53,4% delle famiglie in Italia (24 milioni circa) non ha figli contro il 21,9% che ne ha uno, il 19,5% ne ha due e solo il 4,4% ne ha tre. E mentre il tasso di fecondita' femminile e' pari a 1,41 - tenuto alto dal fatto che le donne straniere partoriscono di piu' - 2,13 e' il numero di figli desiderati. Disponibilita' economica sufficiente, tempo su cui i genitori possono contare per prendersi cura della prole e rete dei servizi sono poi le variabili che incidono sulla natalita'.
Ma come si fa a volere dei bambini se il 60% delle famiglie italiane vive con un reddito sotto i 1.500 euro al mese e la spesa sociale che lo Stato destina a favore della famiglia e dell'infanzia e' l'1,1% del Pil contro le percentuali doppie e triple di Francia e Germania? Tutti questi dati sono contenuti nel Rapporto 2009 del Cisf (Centro internazionale studi famiglia) presentato oggi a Roma e intitolato "Il costo dei figli".
Ma il rapporto si sofferma anche su quale tipo di welfare per la famiglia italiana. Per il Pierpaolo Donati, curatore della ricerca, "bisogna passare a un sistema fiscale piu' favorevole per chi ha figli, a un quoziente familiare sul modello di quello francese - ottimale per la redistribuzione orizzontale dei redditi - e a uno Stato sociale che non guardi solo all'individuo, ma a tutta la famiglia, e tenga conto che anche il welfare civile - fatto da banche, aziende, sindacati, associazioni e cooperazione sociale - puo' e deve fare la sua parte". Oggi "il costo privato sostenuto dalle famiglie per i propri bambini e' troppo alto e i servizi per l'infanzia sono un problema; cosi' quel 'bene comune' del futuro che e' rappresentato dai figli costituisce un rischio economico distribuito in modo non equo sulla societa', che pesa tutto sulle spalle dei genitori", conclude Donati.

http://www.clandestinoweb.com/sondaggi-da-tutto-il-mondo/363893-rapporto-cisf-le-famiglie-spendono-9mila-euro-lanno-per-i.html

Rapporto Ceis: le spese sanitarie impoveriscono le famiglie


Rapporto Ceis: le spese sanitarie impoveriscono le famiglie

Il Ceis presenta il VII rapporto sanità che evidenzia come le famiglie italiani si siano sempre più impoverite a causa delle troppo elevate spese sanitarie.
Secondo il VII rapporto Ceis sanità presentato a Roma, 338mila nuclei familiari, che rappresentano circa un milione di persone, si sono sempre più impoverite per spese sanitarie o sociali. Quasi il triplo hanno sostenuto spese per la sanità troppo alte rispetto ai loro redditi. E in circa 2,6 milioni almeno un componente ha rinunciato a curarsi per non sostenere queste spese sanitarie.

http://www.mainfatti.it/spesa-sanitaria/Rapporto-Ceis-le-spese-sanitarie-impoveriscono-le-famiglie_12144033.htm

Alloggi sociali per le famiglie europee più povere


Alloggi sociali per le famiglie europee più povere

Questo è quello che ci vuole, secondo la IUT, in accordo con quanto riporta il Sicet, affinché si possa far fronte ad una della più grandi crisi finanziarie dal 1929 che ha innescato in molti Paesi una vera e propria crisi abitativa. Per la UIT serve quindi un piano di rinascita per incrementare l’offerta di alloggi a canone accessibile e compatibile con le famiglie che sono diventate rispetto al periodo precrisi più povere a causa della perdita del lavoro che spesso purtroppo va a coincidere con la perdita della casa.
Secondo la International Union of Tenants occorre mettere a punto su scala continentale un piano di sviluppo di alloggi sociali in affitto anche in virtù del fatto che, così come è facile notare, il mercato privato delle locazioni non è riuscito ad assorbire quella che è una enorme e crescente domanda sociale di case accessibili.

Per la la IUT da un lato l’Europa è in grado di rappresentare ed esercitare un grande potere economico, industriale e politico nei confronti del resto del mondo, ma dall’altro c’è una fetta crescente della popolazione che in questo momento non ha garanzie di vita che possano definirsi umane e dignitose. Avviare un piano di rinascita di edilizia sociale, tra l’altro, oltre a contrastare la crisi abitativa in una fase congiunturale come quella attuale significherebbe anche dare impulso e rilancio al ciclo economico.

martedì 8 giugno 2010

Due figli e due misure


Due figli e due misure
La Cassazione dice (giustamente) che chi vuole adottare un bambino non può scegliere le sue caratteristiche etniche e genetiche. Ma allora perché dovrebbe essere possibile selezionare embrioni nella fecondazione in vitro?

E’ davvero unanime il plauso per la sentenza con la quale, il 28 aprile scorso, la Cassazione ha sancito che “il decreto di idoneità all’adozione pronunciato dal tribunale dei minorenni non può essere emesso sulla base di riferimenti all’etnia dei minori adottandi, né può contenere indicazioni relative a tale etnia”, e con la quale ha stabilito anche che non sono ammissibili preferenze per “determinate caratteristiche genetiche” dei bambini candidati all’adozione. Chi vuole adottare un bambino, insomma, non può selezionarne le caratteristiche più gradite, né etniche né genetiche.

Sarebbe logico aspettarsi che quel compiacimento generale per il rafforzamento giuridico di un principio basilare – un figlio non deve rispondere ai desideri dei genitori ma va accolto per quel che è, perché è la sua qualità di essere umano a prevalere su tutto – potesse estendersi, per analogia, ai figli della fecondazione artificiale. Se lo augura l’onorevole Rocco Buttiglione: “La Cassazione ribadisce il principio che un bambino non è un giocattolo per soddisfare i desideri degli aspiranti genitori, ma un essere umano, una persona, con diritti propri da rispettare comunque egli sia. Allora non vale lo stesso principio anche nel caso della selezione degli embrioni? E della selezione delle caratteristiche degli embrioni?”.

Dovrebbe valere lo stesso principio, infatti. Ma la rivoluzione antropologica inaugurata nel 1978 con la nascita di Louise Brown, la prima figlia della provetta, oppone molte resistenze a quell’analogia. Gli esseri umani allo stato embrionale concepiti in vitro, fuori dal corpo materno, appaiono sempre più ridotti a cose: sostituibili, manipolabili, scartabili, selezionabili, privi di valore per se stessi, dato che il loro valore è stabilito, di volta in volta, da chi giudica della loro idoneità a realizzare i desideri di una certa coppia. E quanti, tra coloro che si scandalizzano per chi non vuole in adozione un bambino con la pelle diversa dalla propria, è disposto a scandalizzarsi o semplicemente a inquietarsi se si chiede di selezionare in vitro le caratteristiche del figlio, o se si mette in conto che un certo numero di embrioni prodotti nelle pratiche di procreazione artificiale saranno destinati a non essere mai impiantati? In Italia non succede, grazie alle regole della legge 40, ma c’è chi lotta strenuamente perché quelle regole siano smantellate.

Il filosofo del diritto Francesco D’Agostino, presidente onorario del Comitato nazionale di bioetica, dice al Foglio che “una sentenza come quella della Cassazione in tema di adozioni dovrebbe poter mandare un segnale di coerenza anche per quanto riguarda i figli della fecondazione in vitro. Non dobbiamo dimenticare, comunque, che chi vuole adottare è soggetto a una valutazione preliminare della magistratura, cosa che certo non avviene per le coppie che chiedono di avviare pratiche di procreazione artificiale. Nel caso delle adozioni, il potere decisionale della magistratura è veramente forte, ed entra in questioni personalissime, come la valutazione delle idee, delle convinzioni personali e dell’idoneità morale. Nel secondo caso, naturalmente, non c’è nulla del genere. Ma comunque – prosegue D’Agostino – l’analogia tra le due situazioni regge. E regge il principio, che deve valere per entrambe, della non liceità della selezione dei caratteri del bambino. Regge per l’ordinamento italiano, peraltro, perché altrove non è così. Non è così negli Stati Uniti, dove è possibile scegliere le caratteristiche dell’adottato, perché altrimenti il meccanismo delle adozioni si incepperebbe”.

E dove sappiamo che del figlio concepito in vitro si può scegliere davvero tutto, sesso compreso. Tornando alla sentenza della Cassazione, conclude D’Agostino, “con la quale sono d’accordissimo, credo possa essere una buona occasione per rilevare che in queste dinamiche genitori-figli (sia quella adottiva sia quella legata alla procreazione artificiale) ci siano principi etici fondamentali che non sono semplicemente riducibili al rispetto della Costituzione, ma che vanno molto al di là. Allo stesso tempo, però, dobbiamo constatare che, nella realtà, per la fecondazione artificiale si dà per scontato che entrino in gioco quelle stesse preferenze soggettive che ci appaiono illegittime nel caso delle adozioni”.
http://www.ilfoglio.it/soloqui/5302

mercoledì 2 giugno 2010

Un bonus da 4.500 euro a chi non abortisce


Un bonus da 4.500 euro a chi non abortisce
La Regione Lombardia va incontro alle mamme che vogliono interrompere la gravidanza per motivi economici e le aiuta con un assegno di 250 euro al mese. A gestire il progetto sono i consultori e il Centro di aiuto alla vita

«Nessuna donna dovrà più abortire in Lombardia a causa delle difficoltà economiche». Il presidente Roberto Formigoni lo aveva detto più volte negli ultimi mesi. Ed ora la Regione passa ai fatti, fissando numeri e stanziamenti del progetto a favore della vita. La giunta regionale ha varato, su proposta dell’assessore alla Famiglia, Giulio Boscagli, un provvedimento sperimentale di aiuto concreto alle mamme in difficoltà. Un contributo rivolto a tutte quelle donne, in particolar modo le straniere e le giovani sole, che per problemi economici scelgono di abortire piuttosto che mettere al mondo un figlio che non sapranno come mantenere.
Si tratta di un assegno mensile di 250 euro. Lo riceveranno, per diciotto mesi, tutte quelle donne in difficoltà finanziarie che rinunciano ad una interruzione della gravidanza. Il contributo, che arriva fino a 4.500 euro a mamma, è reso possibile da un primo stanziamento di 5 milioni deciso dalla Regione, che ha versato i soldi sul Fondo «Nasko», appositamente creato. A conti fatti, si potranno aiutare oltre mille mamme a non rinunciare al proprio bambino.
«Vogliamo aiutare - commenta Formigoni - la famiglia, la maternità e la natalità, rimuovendo il più possibile gli ostacoli, a cominciare da quelli di natura economica, che rendono più difficoltoso il fare una scelta a favore della vita».
«Lo sforzo della giunta - aggiunge l’assessore Boscagli - è tanto più significativo in quanto cade in un momento in cui la forte instabilità economica e sociale si può ripercuotere, più che in altri periodi, sulla scelta di molte donne di procrastinare o interrompere una gravidanza».
Per realizzare gli interventi di sostegno alle madri in difficoltà, la delibera ha emanato delle linee guida. Quando una donna presenterà la richiesta di interrompere la gravidanza, qualora questa sia determinata soprattutto da motivazioni economiche, gli operatori del consultorio o i servizi ospedalieri si mobiliteranno immediatamente per mettere in atto il piano anti aborto. Nello specifico, durante l’appuntamento per gli esami del pre ricovero e durante il colloquio che precede l’ingresso in ospedale, i medici e gli psicologi metteranno in contatto la donna con il Cav (Centro di aiuto alla vita) per consentirle di conoscere e valutare le opportunità di aiuto.
A sua volta il Cav le sottoporrà a un ventaglio di interventi di aiuto economico. Contributi sia diretti che in raccordo con gli enti locali e le altre organizzazioni del terzo settore. Nel caso in cui la donna accetti di continuare la gravidanza, il Cav e il consultorio familiare stenderanno un «progetto personalizzato», una sorta di contratto premaman che sarà sottoscritto anche dalla futura mamma e nel quale saranno descritti i diversi interventi attivati o da attivare sia prima sia dopo la nascita del bambino. L’assegno servirà per l’acquisto di culla, pannolini, e tutto quello che serve nei primi mesi di vita del bimbo. Unica condizione per ottenere il contributo: l’effettiva partecipazione della madre al progetto concordato.

http://www.ilgiornale.it/milano/un_bonus_4500_euro_chi_non_abortisce/regione_lombardia-assegno-formigoni-regione-aiuto-bonus-aborto-lombardia/01-06-2010/articolo-id=449678-page=0-comments=1

martedì 1 giugno 2010

Ru486 tra scelte, vite e aborti


Ru486 tra scelte, vite e aborti
Manfredonia – POSSIBILITA’ di gestire in casa un aborto procurato: è l’eventualità concessa da tempo alle donne dell’Europa, nei luoghi in cui viene commercializzata la RU 486, la pillola che sostituisce l’aborto chirurgico con una procedura chimica.
http://www.statoquotidiano.it/31/05/2010/ru486-tra-scelte-vita-e-morte/29244/

RU 486 IN ITALIA – La storia in Italia della pillola “innocua” risale all’estate del 2009 quando l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco aveva dato il via alla sua commercializzazione, prevedendo l’obbligo di somministrare il farmaco in ospedale, entro i 50 giorni dal concepimento. La donna che avesse scelto di interrompere la gravidanza con questa procedura, dopo l’assunzione del farmaco, potrà tornare a casa in attesa dell’espulsione del feto, procedura che può avvenire alcuni giorni dopo ma con conseguenze gravi: forti emorragie, complicanze di tipo infettivo o allergico. Il tasso di mortalità rispetto all’aborto praticato presso la struttura sanitaria è dieci volte maggiore.

IL DOCUMENTO DEL MINISTERO DEL WELFARE- A sollevare questo problema, per lo meno in Italia, un documento che il ministero del Welfare, alla luce dei dati richiesti e ottenuti dall’azienda produttrice Exelgyn, aveva inviato al Comitato tecnico scientifico dell’Aifa per avere ulteriori chiarimenti sul farmaco. Stando alla documentazione, sarebbero almeno 29 le morti causate dalla Ru486, a fronte dei 16 decessi attribuiti ufficiosamente alla pillola abortiva. La Ru 486 ha causato negli Usa sette decessi, mentre su altre quattro morti si sta ancora indagando. Ora però l’ombra inquietante dei pesanti rischi cui si può andare incontro ricorrendo all’aborto chimico comincia ad interessare anche l’Italia, nonostante il numero esiguo di procedure sinora effettivamente eseguite.

LE PROCEDURE – In realtà il metodo chimico prevede due somministrazioni di farmaci, diversi tra loro, a distanza di un paio di giorni: di regola l’espulsione del feto avviene dopo l’assunzione della seconda sostanza, la prostaglandina, che induce le contrazioni. Se l’aborto con la Ru 486 avviene al di fuori del ricovero ospedaliero è plausibile che la metà circa delle donne che vi si sottopongono espelleranno l’embrione dove capita: al lavoro piuttosto che a casa, oppure in treno, o in qualsiasi altro luogo. Circa l’80% delle donne abortisce entro 24 ore dal secondo farmaco, mentre i protocolli prevedono che le donne rimangano sotto controllo in ospedale 3-6 ore dopo la seconda pillola. Tale prassi è in evidente violazione della legge 194, che prevede che l’aborto avvenga all’interno delle strutture pubbliche proprio per salvaguardare la salute delle donne. L’espulsione dell’embrione non significa che l’aborto sia completato: le perdite di sangue sono molto abbondanti e durano più a lungo di quelle per un aborto chirurgico, perché con la Ru 486 l’utero si svuota lentamente, in modo spontaneo. Per questo le emorragie sono fra gli eventi avversi più pericolosi e più ricorrenti in questo tipo di aborto. Il Congresso degli Stati Uniti «processa» la pillola abortiva con una legge che approda al Congresso americano. A convocare gli esperti per presentare le loro ricerche sugli effetti del mifepristone è stato Mark Sauder, un deputato repubblicano dell’Indiana che si è fatto promotore di una legge per il ritiro della Ru 486 dal mercato americano. Le audizioni si sono tenute una settimana dopo la conclusione di una giornata di studi sul clostridium sordellii convocata dalla stessa Fda ad Atlanta, durante la quale due medici hanno reso note ricerche che provano come la Ru 486 sopprima il sistema immunitario mentre crea un terreno ideale per la riproduzione del clostridium sordellii nell’utero.

LA TESTIMONIANZE – A testimoniare in Congresso è stata chiamata anche Donna Harrison, autrice di uno studio sulla Ru 486 pubblicato a febbraio sulla rivista scientifica Annals of Pharmacotherapy. Harrison ha sottolineato che l’analisi degli effetti collaterali indotti dal mifepristone vanno oltre l’infezione da clostridium sordellii.

La società produttrice Danco si è rifiutata di intervenire. (fonti da Avvenire).

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