Inganni vecchi e nuovi - Contraccettivi & aborto
Si chiama aborto e lo definiscono contraccezione d’emergenza. È in base a questa manipolazione linguistica che è possibile ormai far passare quasi inosservato l’ennesimo passo verso la privatizzazione assoluta dell’aborto, seppure precocissimo. Potrebbe infatti arrivare anche nel nostro Paese la cosiddetta «pillola dei cinque giorni dopo», vale a dire il farmaco che ha efficacia per evitare la gravidanza fino a 120 ore dal rapporto potenzialmente fecondo. La nuova pillola (che contiene la molecola ulipristal acetato, nome commerciale EllaOne) «appartiene allo stesso gruppo farmaceutico della Ru486, la pillola abortiva» sottolinea Lucio Romano, ginecologo dell’Università di Napoli «Federico II» e copresidente dell’associazione «Scienza&Vita». «È molto preoccupante dal punto di vista etico-antropologico e procedurale-culturale – sottolinea – far passare un metodo abortivo per contraccezione». La pillola in questione infatti «è un antiprogestinico sintetico di seconda generazione» e «svolge una spiccata azione selettiva e antagonista per i recettori del progesterone». La farmacodinamica dell’ulipristal acetato «è pressoché simile a quella del mifepristone (Ru486)». «L’azione del progesterone è fondamentale per lo sviluppo dell’embrione e in particolare prepara l’utero ad accoglierlo per l’annidamento» scrive Romano nell’ultima newsletter di “Scienza&Vita”. La nuova pillola «si lega ai recettori del progesterone e ne inibisce l’azione. Quindi impedisce, tra l’altro, l’annidamento dell’embrione svolgendo un’azione intercettiva-abortiva. È importante ricordare che i primi studi sono stati realizzati proprio confrontando l’azione con quella della Ru486».
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