Ogni anno 5mila nuove adozioni
La grande avventura dell'adozione arriva al traguardo per quasi 5mila minori ogni anno. Poco più di 3 mila, in genere, arrivano dall'estero, dopo lunghe procedure per l'adozione internazionale. Negli altri casi si tratta di adozioni nazionali o delle cosiddette adozioni speciali (per esempio quando un coniuge adotta il figlio della moglie o del marito). Ma se questi sono i numeri dei successi, certo non tutte le storie si chiudono felicemente.Le coppie che desiderano adottare un figlio sono, infatti, in crescita. In sei anni si è avuto un aumento di quasi il 45% delle domande per le adozioni nazionali ma contemporaneamente le sentenze che le concludono sono diminuite del 9 per cento.
Anche sul fronte delle adozioni internazionali l'ottimismo dato dalla crescita del numero di adozioni non nasconde le difficoltà.La differenza tra domande e adozioni è sempre ampia: circa il 37% delle coppie che hanno ottenuto l'inidoneità hanno potuto effettivamente accogliere un bambino in famiglia.
L'impennata delle domande è legata a numerosi fattori: si va dall'innalzamento del limite di età tra adottante e adottato dai 35 ai 45 anni (come prevede la legge 149/2001) a un oggettivo interesse maggiore verso la strada dell'adozione. Allo stesso tempo, però, le dichiarazioni di adattabilità si sono consolidate a una quota stabile: circa 1.000-1.200 l'anno.
Da un lato le politiche a sostegno delle famiglie in difficoltà permettono ai genitori naturali di poter mantenere i propri figli; spesso si ricorre all'affido a terzi prima di recidere i legami con la famiglia d'origine e, infine, il calo della natalità si riflette anche sulle adozioni. Ci sono poi i bambini di genitori ignoti, cioè abbandonati alla nascita.
Nonostante le oltre 16 mila domande di adozioni nazionali presentate nel 2006, tuttavia, a fronte di 981 sentenze con esito positivo sarebbero solo 191 i bambini che restano nelle comunità e non hanno genitori (secondo il ministero della Giustizia).
Un dato che, in realtà, potrebbe essere enormemente sottostimato visto che manca una banca dati specifica anche se è prevista dalla legge 149/2001. "Sono bambini dichiarati adottabili - spiega Frida Tonizzo, presidente Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive) - ma per i quali non c'è un nucleo disponibile: spesso sono preadolescenti o malati".
"Ci dovrebbero essere fondi per sostenere le famiglie che adottano bambini con difficoltà, invece viene fatto ben poco - continua Frida Tonizzo -. Il Piemonte è l'unica regione che prevede stanziamenti dedicati esclusivamente ad affidi e adozioni difficili".
Numerosi sono i casi di minori che, pur in situazione di abbandono, non vengono dichiarati adottabili perché esistono legami, anche se labili, con la famiglia. Per loro le soluzioni sono l'affido o la permanenza in comunità. Ma proprio per questi è stata avanzata un'altra ipotesi, quella della cosiddetta adozione "mite".
Il progetto, di cui si è discusso molto dopo la "sperimentazione" avviata dal Tribunale di Bari, prevede, in linea di massima, che nei casi in cui il bambino si trovi in affidamento oltre i termini, non possa rientrare nella famiglia di origine e abbia formato un rapporto intenso con i genitori affidatari che non possa essere interrotto senza danno, si possa procedere all'adozione.
Un sistema, questo, che non interrompe il rapporto con la famiglia di origine ma lega il minore agli adottanti che acquisiscono la potestà genitoriale.Una possibilità offerta anche a single e coppie non coniugate: "Dobbiamo pensare di rivedere la legislazione in materia, dando la possibilità di avviare anche adozioni aperte - spiega Pasquale Andria, presidente del tribunale dei minori di Potenza -. Il minore acquista lo status definitivo di figlio adottivo, ma può mantenere rapporti di relazione con la famiglia d'origine".
Anche sul fronte delle adozioni internazionali l'ottimismo dato dalla crescita del numero di adozioni non nasconde le difficoltà.La differenza tra domande e adozioni è sempre ampia: circa il 37% delle coppie che hanno ottenuto l'inidoneità hanno potuto effettivamente accogliere un bambino in famiglia.
L'impennata delle domande è legata a numerosi fattori: si va dall'innalzamento del limite di età tra adottante e adottato dai 35 ai 45 anni (come prevede la legge 149/2001) a un oggettivo interesse maggiore verso la strada dell'adozione. Allo stesso tempo, però, le dichiarazioni di adattabilità si sono consolidate a una quota stabile: circa 1.000-1.200 l'anno.
Da un lato le politiche a sostegno delle famiglie in difficoltà permettono ai genitori naturali di poter mantenere i propri figli; spesso si ricorre all'affido a terzi prima di recidere i legami con la famiglia d'origine e, infine, il calo della natalità si riflette anche sulle adozioni. Ci sono poi i bambini di genitori ignoti, cioè abbandonati alla nascita.
Nonostante le oltre 16 mila domande di adozioni nazionali presentate nel 2006, tuttavia, a fronte di 981 sentenze con esito positivo sarebbero solo 191 i bambini che restano nelle comunità e non hanno genitori (secondo il ministero della Giustizia).
Un dato che, in realtà, potrebbe essere enormemente sottostimato visto che manca una banca dati specifica anche se è prevista dalla legge 149/2001. "Sono bambini dichiarati adottabili - spiega Frida Tonizzo, presidente Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive) - ma per i quali non c'è un nucleo disponibile: spesso sono preadolescenti o malati".
"Ci dovrebbero essere fondi per sostenere le famiglie che adottano bambini con difficoltà, invece viene fatto ben poco - continua Frida Tonizzo -. Il Piemonte è l'unica regione che prevede stanziamenti dedicati esclusivamente ad affidi e adozioni difficili".
Numerosi sono i casi di minori che, pur in situazione di abbandono, non vengono dichiarati adottabili perché esistono legami, anche se labili, con la famiglia. Per loro le soluzioni sono l'affido o la permanenza in comunità. Ma proprio per questi è stata avanzata un'altra ipotesi, quella della cosiddetta adozione "mite".
Il progetto, di cui si è discusso molto dopo la "sperimentazione" avviata dal Tribunale di Bari, prevede, in linea di massima, che nei casi in cui il bambino si trovi in affidamento oltre i termini, non possa rientrare nella famiglia di origine e abbia formato un rapporto intenso con i genitori affidatari che non possa essere interrotto senza danno, si possa procedere all'adozione.
Un sistema, questo, che non interrompe il rapporto con la famiglia di origine ma lega il minore agli adottanti che acquisiscono la potestà genitoriale.Una possibilità offerta anche a single e coppie non coniugate: "Dobbiamo pensare di rivedere la legislazione in materia, dando la possibilità di avviare anche adozioni aperte - spiega Pasquale Andria, presidente del tribunale dei minori di Potenza -. Il minore acquista lo status definitivo di figlio adottivo, ma può mantenere rapporti di relazione con la famiglia d'origine".
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