Famiglia: Fare famiglia è generare società
http://www.romasette.it/modules/news/article.php?storyid=5865Intervista a Belletti, presidente del Cisf. Le riflessioni del sociologo alla vigilia del convegno di pastorale familiare della Cel: «La politica deve dare segno di condivisione del "progetto famiglia"» di Federica Cifelli“Per un sì … da Dio. Fidanzati, conviventi e sposati civilmente: quale preparazione al matrimonio?”. Se ne parla sabato prossimo, a partire dalle 9, nell’Auditorium del santuario mariano del Divino Amore. L’occasione: il terzo convegno regionale di pastorale familiare organizzato dalla Commissione famiglia della Conferenza episcopale laziale. Una giornata di approfondimento e dibattito, ma anche di testimonianze e proposte, sugli aspetti socio-culturali e teologico-pastorali del matrimonio, pensata in primo luogo per sacerdoti, educatori, operatori pastorali, insegnanti di religione e per tutti coloro che accompagnano i fidanzati nei percorsi di preparazione al matrimonio. Tra i relatori che interverranno, anche il sociologo Francesco Belletti, dal 2000 alla guida del Centro internazionale di studi sulla famiglia (Cisf) e presidente del Forum delle associazioni familiari dallo scorso anno, che anticipa una riflessione sul «fare famiglia» nella società del tutto e subito.Dal fidanzamento, o dalla convivenza, a un progetto di famiglia che prende corpo nel sacramento: dal suo osservatorio privilegiato, quali sono gli ostacoli più grandi da superare, dentro e fuori dalla relazione di coppia?Le scelte di vita stanno sicuramente nelle motivazioni delle persone, ma anche nel contesto sociale che sta loro intorno. Si costruiscono all’interno della famiglia ma influisce senz’altro la consapevolezza che alcuni valori sociali siano più o meno apprezzati. E la nostra società apparentemente filogiovanile, in realtà tiene i giovani in uno stato di marginalità, con poche risorse: diventare adulti è sempre più difficile. È più difficile progettare il proprio futuro, e quindi anche scegliere di fare famiglia. Si potrebbe dire: «Questo non è un Paese per giovani». In più, anche l’orologio biologico spostato sempre più in avanti genera un’adolescenza interminabile: un’incertezza che diventa difficoltà di promessa. In questa condizione, il «per sempre» è difficile. Soprattutto in una società che premia l’individualismo, il successo dell’io, mentre al contrario l’esperienza familiare è della persona che è felice perché ha legami e non per la sua autodeterminazione totale. E la politica a questo tema non è interessata.Cosa ne è allora della relazione di coppia?All’interno della famiglia quello è senz’altro il legame più fragile. La coppia oggi è sempre più tenuta insieme da un equilibrio di affetti e di sentimenti che taglia fuori tutte le altre dimensioni dell’esistenza. E l’innamoramento non diventa amore: non diventa progetto. Anzi, è come se tutta la relazione fosse tradita se il sentimento viene meno. Il fondamento è l’idea dell’uomo a una sola dimensione: il tutto subito. Al contrario, costruire un progetto di vita è un impegno che richiede tutta la persona. È la dinamica dell’esistenza che è così: l’orizzonte del tempo fa parte della prospettiva della vita. La profondità del rapporto si trova nell’approfondimento che se ne fa nel tempo, non certo nella sua fase iniziale.Questo concerne anche la sfera della sessualità?Assolutamente sì. Questa è la più pericolosa vittoria della società consumistica: la relazione sessuale trasformata in consumo. È una dimensione «avvelenata», nella quale si perde il senso, il significato, e forse anche il gusto. Certo, forse anche nella Chiesa c’è stato un lungo periodo in cui si è ritenuto più opportuno non esprimersi su questi temi. Ora non è più possibile tergiversare: va recuperato il senso dell’integrità della persona tra corpo e spirito.In una società, quindi, che non è a misura di famiglia, quali sono a suo giudizio le scelte politiche più urgenti?Le politiche per la famiglia hanno molti aspetti ma il fisco è sicuramente quello più arretrato. L’Italia è un Paese che distribuisce ingiustizie da sanare: chi vive con due stipendi e tre figli è indubbiamente meno ricco di chi vive con gli stessi stipendi senza figli. Va restituita giustizia: per questo la questione delle politiche fiscali è al primo posto. È necessaria poi una logica di sussidiarietà, ad esempio nella corresponsabilità educativa tra famiglia e scuola: i genitori vanno aiutati a essere genitori. Anche nella conciliazione tra famiglia e lavoro c’è bisogno di maggiore flessibilità. E il confronto con gli altri Paesi europei ci dice che è possibile; in Italia, al contrario, una donna su quattro abbandona il mondo del lavoro dopo il secondo figlio. Occorre capire che fare famiglia significa generare la società. Nessuna coppia deciderà di fare un figlio perché gli si mette in mano un assegno ma piuttosto perché si sentirà supportata a scommettere su un progetto che è già difficile e impegnativo di per sé. La politica deve dare segno di condivisione del «progetto famiglia». È questo ciò che manca alle nuove generazioni. Prima, anche in tempi più duri dei nostri, era tutta la società a scommettere sul futuro: c’era un progetto di sviluppo condiviso, e più coesione. Oggi non è più così.
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