martedì 1 giugno 2010

Ru486 tra scelte, vite e aborti


Ru486 tra scelte, vite e aborti
Manfredonia – POSSIBILITA’ di gestire in casa un aborto procurato: è l’eventualità concessa da tempo alle donne dell’Europa, nei luoghi in cui viene commercializzata la RU 486, la pillola che sostituisce l’aborto chirurgico con una procedura chimica.
http://www.statoquotidiano.it/31/05/2010/ru486-tra-scelte-vita-e-morte/29244/

RU 486 IN ITALIA – La storia in Italia della pillola “innocua” risale all’estate del 2009 quando l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco aveva dato il via alla sua commercializzazione, prevedendo l’obbligo di somministrare il farmaco in ospedale, entro i 50 giorni dal concepimento. La donna che avesse scelto di interrompere la gravidanza con questa procedura, dopo l’assunzione del farmaco, potrà tornare a casa in attesa dell’espulsione del feto, procedura che può avvenire alcuni giorni dopo ma con conseguenze gravi: forti emorragie, complicanze di tipo infettivo o allergico. Il tasso di mortalità rispetto all’aborto praticato presso la struttura sanitaria è dieci volte maggiore.

IL DOCUMENTO DEL MINISTERO DEL WELFARE- A sollevare questo problema, per lo meno in Italia, un documento che il ministero del Welfare, alla luce dei dati richiesti e ottenuti dall’azienda produttrice Exelgyn, aveva inviato al Comitato tecnico scientifico dell’Aifa per avere ulteriori chiarimenti sul farmaco. Stando alla documentazione, sarebbero almeno 29 le morti causate dalla Ru486, a fronte dei 16 decessi attribuiti ufficiosamente alla pillola abortiva. La Ru 486 ha causato negli Usa sette decessi, mentre su altre quattro morti si sta ancora indagando. Ora però l’ombra inquietante dei pesanti rischi cui si può andare incontro ricorrendo all’aborto chimico comincia ad interessare anche l’Italia, nonostante il numero esiguo di procedure sinora effettivamente eseguite.

LE PROCEDURE – In realtà il metodo chimico prevede due somministrazioni di farmaci, diversi tra loro, a distanza di un paio di giorni: di regola l’espulsione del feto avviene dopo l’assunzione della seconda sostanza, la prostaglandina, che induce le contrazioni. Se l’aborto con la Ru 486 avviene al di fuori del ricovero ospedaliero è plausibile che la metà circa delle donne che vi si sottopongono espelleranno l’embrione dove capita: al lavoro piuttosto che a casa, oppure in treno, o in qualsiasi altro luogo. Circa l’80% delle donne abortisce entro 24 ore dal secondo farmaco, mentre i protocolli prevedono che le donne rimangano sotto controllo in ospedale 3-6 ore dopo la seconda pillola. Tale prassi è in evidente violazione della legge 194, che prevede che l’aborto avvenga all’interno delle strutture pubbliche proprio per salvaguardare la salute delle donne. L’espulsione dell’embrione non significa che l’aborto sia completato: le perdite di sangue sono molto abbondanti e durano più a lungo di quelle per un aborto chirurgico, perché con la Ru 486 l’utero si svuota lentamente, in modo spontaneo. Per questo le emorragie sono fra gli eventi avversi più pericolosi e più ricorrenti in questo tipo di aborto. Il Congresso degli Stati Uniti «processa» la pillola abortiva con una legge che approda al Congresso americano. A convocare gli esperti per presentare le loro ricerche sugli effetti del mifepristone è stato Mark Sauder, un deputato repubblicano dell’Indiana che si è fatto promotore di una legge per il ritiro della Ru 486 dal mercato americano. Le audizioni si sono tenute una settimana dopo la conclusione di una giornata di studi sul clostridium sordellii convocata dalla stessa Fda ad Atlanta, durante la quale due medici hanno reso note ricerche che provano come la Ru 486 sopprima il sistema immunitario mentre crea un terreno ideale per la riproduzione del clostridium sordellii nell’utero.

LA TESTIMONIANZE – A testimoniare in Congresso è stata chiamata anche Donna Harrison, autrice di uno studio sulla Ru 486 pubblicato a febbraio sulla rivista scientifica Annals of Pharmacotherapy. Harrison ha sottolineato che l’analisi degli effetti collaterali indotti dal mifepristone vanno oltre l’infezione da clostridium sordellii.

La società produttrice Danco si è rifiutata di intervenire. (fonti da Avvenire).

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